Ciò che sto per scrivere è degno di uno dei miei diari del 2010. O del 2011.
Incredibile come certe cose si ripetano e non si impari mai abbastanza.
Ieri, per la prima volta, ho provato a dare un biscottino Plasmon a Santiago.
Ciò che sto per scrivere è degno di uno dei miei diari del 2010. O del 2011.
Incredibile come certe cose si ripetano e non si impari mai abbastanza.
Ieri, per la prima volta, ho provato a dare un biscottino Plasmon a Santiago.
Oggi SG compie 6 mesi. Pesa 8.8 Kg. Mangia tette a colazione, merenda a metà mattina, pappone con carne a pranzo (e abbiamo introdotto già anche vitello, manzo e prosciutto), merenda a metà pomeriggio, tette come aperitivo, pappone con formaggino a cena (ricotta o robiola) e latte finto della buonanotte, che avviene attorno alle 21.00. Verso mezzanotte si sveglia e, fino a pochi giorni fa, lo raggiungevo in camera e lo attaccavo. Seguiva un risveglio alle 3.30 circa, durante il quale mi ero abituata ad andare al microonde a scaldare il latte finto che avevo già predisposto dalla sera prima. Se l’operazione di incastonamento del biberon nelle mani di Santiago andava a buon fine, grazie anche all’ausilio dell’orso musicale che fa da puntello, tornavo a letto e venivo svegliata solo verso le 7.00. O le 8.00. O addirittura alle 8.30. Se il risveglio avveniva presto, andavo a prelevarlo e me lo portavo in camera (non mi sono ancora disfatta della Next to me, anche se l’etichetta riporta che ne è proscritto l’utilizzo sopra i 9 Kg). Qualche volta invece l’ho trovato a rigirarsi nel lettino in camera sua perché, nonostante i preparativi dei fratelli per andare a scuola, non si era svegliato.
Una sera ho avuto un’illuminazione: e se invece di allattare a mezzanotte, avessi provato a dare latte finto anche alla prima tappa? Ed è così accaduto un miracolo: dopo il biberon, nessun risveglio fino alle 6.30. Vale come notte intera? Secondo me sì.
Messo da parte l’orgoglio (e le tette), decido che di notte darò solo latte finto, riservando il materno per la prima colazione e verso sera, quando nonostante la merenda mi sembra che sia insoddisfatto. Tutto bene all’inizio.
Ma si sa, le piccole vittorie di solito hanno vita breve.
Santiago Gabriele dorme nella sua stanza. La stanza che, al momento dell’acquisto della nuova casa, avevamo soprannominato “la camera della bambina”, perché convinti avrebbe ospitato una femminuccia. La “camera della bambina” è gialla, è dotata di un letto singolo sormontato da un armadio a ponte, una libreria, una scrivania provvista di PC dal quale sto scrivendo in questo momento e un lettino da campeggio.
Il lettino classico non l’abbiamo più. L’avrò regalato? E chi si ricorda. Un’amica mi ha donato questo, che al momento svolge umilmente la sua funzione.
La “camera della bambina” di recente era stata presa d’assalto dal figlio maggiore, che aveva improvvisamente stabilito che fosse diventato grande e che quindi potesse abbandonare il letto a castello nella “camera dei ragazzi” per trasferirsi in un luogo più appartato. L’avevo avvisato che, a breve, SG avrebbe preso possesso della “camera della bambina”. E così è stato. Pietro ha detto che non si sarebbe spostato. Gli ho dato due notti di tempo. E così è stato. Anche se ammetto che un po’ mi dispiace.
Negli ultimi giorni sono accadute parecchie cose.
Innanzitutto l’ennesima gita al centro vaccinale per le seconde dosi di esavalente e Pneumococco e la terza di Rotavirus. Appuntamento che per poco non mancavo, avendo impostato sì il promemoria sul telefono, ma all’orario sbagliato. Proprio in una mattina in cui ti alzi e ti dici: “Oggi me la prendo con calma, che non ho cose particolari da fare”. Allatti, fai colazione e, ancora in pigiama, ti metti a pelare patate, carote e zucchine per la fabbricazione del brodo di verdure quotidiano. E alle 10.00 suonate ti accorgi che dovresti essere da un’altra parte.
L’avventura monegasca è andata meglio del previsto.
Ma andiamo con ordine.
Ingolfata fantozzianamente l’auto di bagagli, in massima parte dedicati all’infante, siamo partiti verso le 10.00. Il bambino era stato pompato di latte materno e omogeneizzato alla frutta. Avevo poi messo via un biberon rovente di latte artificiale e il tupperware ripieno di pappona bollente. In più avevo preparato un biberon di camomilla. Il pargolo ha dormito fino al confine. Per istinto materno ho consigliato a Fabio di fermarsi all’ultimo Autogrill (in realtà dovevo fare anche pipì) perché temevo che Santiago, svegliandosi, si mettesse a urlare. Ma siccome “tanto siamo arrivati”, il marito non si è fermato.
Alla vigilia della partenza per una mini vacanza di due giorni da trascorrere nei pressi dei campi da tennis di Monte Carlo assistendo al Master 1000, mi rendo conto di non avere nulla di pronto in casa.
I ragazzi restano a casa, ma SG viene con noi. E realizzo solo ora che, avendo introdotto la pappa, la faccenda si farà impegnativa.
Anzi, le pappe. Sì, perché, nonostante il pasto serale teoricamente andasse introdotto dopo un mese dal primo, nei giorni scorsi ho cominciato a proporglielo a cena.
Perché il bambino sembra un pozzo senza fondo.
Perché anche se mangia dalla tetta prima della nostra cena (e adesso le tette sono belle piene perché di tempo tra una poppata e l’altra ne passa a sufficienza), una volta messo sul seggiolone comincia a reclamare cibo.
Sembrerà assurdo, ma apre la bocca, segue con gli occhi il movimento delle posate portate alle nostre e poi si china a mordere il seggiolone. Allora, mi sono detta, diamogli la pappa anche di sera, così magari dorme tutta notte. E certo.
E certo che no.
La visita dalla pediatra, occorsa in una giornata funesta, giacché ho forato la ruota anteriore destra accostandomi a due Km/h allo spigolo vivo di un marciapiede mentre riaccompagnavo a casa il mio primogenito che aveva scordato per l’ennesima volta il sacchetto del cibo da portare a scuola, è stata piuttosto gratificante anche se foriera di qualche preoccupazione.
Abbiamo inaugurato la stagione delle composte di frutta! La cacca dell’infante, ora che il vasetto di omogeneizzato è diventato tappa fissa mattino e pomeriggio, ha assunto caratteristiche organolettiche drammaticamente differenti da quelle presenti in corso di sola dieta lattea. E me lo ricordavo. Però tutte le volte è sconcertante.
La cacca è pastosa, verdastra, abbondante, profumata (a seconda del frutto ingerito). E abbondante.
L’ho già scritto abbondante? Ah sì. Beh, direi decisamente abbondante.
Ormai, con tutta la buona volontà del mondo, pannolino messo correttamente e tutto il resto, è inevitabile che la composta di mela/pera strabordi dal patello e vada a lordare il bimbo da capo a piedi. E quando dico da capo a piedi intendo da capo a piedi, dal coppino agli alluci.
Qualche giorno fa, stanca dei continui risvegli notturni e convinta ci fosse qualcosa di anomalo, ho riesumato la bilancia e mi sono dedicata alle sessioni di doppia pesata. Non si fa, il bambino cresce bene, come fai a pensare che il tuo latte non sia sufficiente etc.
Però.
Però la sera mangia pochi minuti e poi si incazza. E poi si riattacca e poi si stacca di nuovo urlando. Però poi di notte si sveglia ogni ora. E quindi, quando ci vuole ci vuole.
Santiago ha quattro mesi e dieci giorni e cresce. Sempre più bello, tondo, ciccione e sorridente.
I capelli sembrano un po’ più fitti, rispetto alla lanugine originaria. Rimane la chierica occipitale, nel punto dove la testa poggia sul lettino. Biondo o bruno, difficile dirlo. Avendo io fatto un figlio moro e l’altro biondo, uno riccio e l’altro liscio diciamo che mi aspetto di tutto. Anche che rimanga calvo. Lo sguardo è sempre vispo, le ciglia lunghe. Lo scambiano spesso per una bambina, anche quando è tutto vestito di azzurro. Non sembra ancora dover mettere i dentini, anche se sbava molto, infila tutto in bocca, a volte la mano intera, procurandosi anche qualche conato. Ha una lingua furbetta e simpaticissima: la tira fuori spesso, sembra farti la linguaccia o una pernacchia. Viene voglia di mangiarsela. Le guance sono paffute e liscissime, passerei ore a baciargliele attorno alle fossette. A pensarci bene in effetti è quello che faccio.