25 maggio 2022

Stiamo seduti. Sul tappeto. Con i cubotti morbidi da mangiucchiare. 

Questa volta devo ringraziare Fabio che, con il suo fare scapestrato, un bel giorno ha abbandonato il bambino sul tappeto del soggiorno. A pancia in giù. A leccare peli di cane e riccioli di polvere. Al che ho subito inveito: “Tiralo su!”. Messo seduto, ancora non controllava il tronco e tendeva a cadere a guisa di pendolo ora da un lato, ora dall’altro. Un tuffo al cuore ogni volta che pensavo che il suo fragile cranio stesse per frantumarsi al suolo come un vaso Ming. Grazie all’intervento del padre però, il bambino veniva intercettato prima dell’impatto e riportato in posizione.

Sono corsa a recuperare un tappetino dedicato sul quale ho quindi deposto l’infante. Almeno la questione igienica sembrava risolta. Restava il problema cane.

Il rapporto tra i due, come detto in precedenza, si sta affinando mano a mano che i giorni passano. Indubbiamente l’animale è diffidente (sto parlando del cane in questo caso), sicuramente in parte geloso, ma decisamente protettivo. Ogni volta che mi reco in una stanza con Santiago, si siede in linea con l’uscio, le spalle rivolte a noi, lo sguardo fisso avanti, alla ricerca di eventuali pericoli da sgominare. Il bimbo lo cerca con lo sguardo. Il cane scodinzola. Ma da soli a terra ancora non li avevo lasciati: sostanzialmente temo una reazione qualora il bimbo faccia qualcosa di molesto o scomposto che possa causare involontariamente dolore o paura al cane. 

Ovviamente, appena circoscritta l’area del tappetino dedicato a Santiago, l’animale ha provato ad avvicinarsi. E’ bastato però un “no” secco per farlo fermare sul limitare. Mi ha guardato un po’ perplesso. Poi, forse memore dell’ultima tirata di pelo che ha subito quando si era accostato un po’ troppo a SG, ha obbedito e si è accucciato qualche decina di centimetri più in là.

Inutile dire che, tra il cercare di evitare il trauma cranico a Santiago e l’impedire al cane di raggiungerlo, i primi esperimenti di gioco a terra sono stati debilitanti. Per me, intendo. Seduta sul pavimento, monitorando le due bestiole affaccendarsi, ho letteralmente sudato una camicia intera.

Sorprendentemente, qualche giorno dopo, depositato il bambino sul tappetino ludico, ho scoperto che è diventato in grado di mantenere eretto il tronco. Incredibile come crescano di giorno in giorno! A questo punto ho iniziato a prendere gradualmente le distanze, apponendo cuscini sparsi al lati del pargolo, sperando potessero fungere da air bag statico qualora non fossi stata pronta all’impatto.

Il cane, salvo qualche timido approccio nel tentativo di assaggiare a sua volta i cubotti di gomma, se ne sta per i fatti suoi, appena fuori da perimetro del tappetino. Attualmente il mio raggio di azione arriva fino alla cucina (per fortuna è un open space): riesco a svolgere faccende varie controllando cane e pupo da remoto. E la vera pacchia è che SG, oltre al fatto che non c’è il rischio che cada da una altezza superiore a quella del suo torace, si diverte pure. E si diverte da solo. Si stanca. E poi dorme. Inoltre, inaspettatamente, i fratelli maggiori si alternano talvolta nel supporto al gioco. Vabbeh, diciamo la verità: gli fregano i cubotti per farsi le loro costruzioni. Cosa che, a rifletterci bene, in effetti faccio anche io.

E’ proprio vero che non si finisce mai di essere piccoli…

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