Negli ultimi giorni sono accadute parecchie cose.
Innanzitutto l’ennesima gita al centro vaccinale per le seconde dosi di esavalente e Pneumococco e la terza di Rotavirus. Appuntamento che per poco non mancavo, avendo impostato sì il promemoria sul telefono, ma all’orario sbagliato. Proprio in una mattina in cui ti alzi e ti dici: “Oggi me la prendo con calma, che non ho cose particolari da fare”. Allatti, fai colazione e, ancora in pigiama, ti metti a pelare patate, carote e zucchine per la fabbricazione del brodo di verdure quotidiano. E alle 10.00 suonate ti accorgi che dovresti essere da un’altra parte.
E quindi alla fine è andata che mi sono vestita in fretta e furia, ho preso il bambino, ho salutato il cane, promettendogli che prima o poi sarei tornata per fargli fare la pipì, e ho guidato come una pazza verso il centro città, lasciando l’auto in divieto di fermata davanti all’Ufficio di Igiene e pregando di non trovare multe al mio ritorno. Ho salito le scale affannosamente, il passeggino sollevato, la maglietta sudata. Mi sono rivolta in maniera contrita allo sportello e, per fortuna, sono stata ammessa al piano superiore nonostante l’ora di ritardo.
Anche questa volta è andato tutto bene. SG ha pianto un poco dopo le iniezioni, ma per il resto nessun effetto collaterale o febbre.
Il giorno successivo, visto il benessere del pargolo, decidiamo di recarci con amici presso la Sagra dell’Asparago. Avendo già somministrato il pappone a casa, mi sono portata dietro un biberon di latte, questa volta decisa a non sfoderare la tetta in luogo pubblico. Arrivato a berne metà, si è addormentato, per poi svegliarsi verso la fine della serata sorridendo. Ed è stato lì che ho notato con sorpresa il suo primo dentino! Trattasi di incisivo inferiore destro. Mi sono commossa, chissà perché.
Ricordo che, sebbene tutti i pediatri del mondo neghino, le mie amiche ed io avevamo concluso sulla base di esperienze reiterate che, ogni qual volta uno dei nostri figli metteva un dentino, sviluppava un qualche problema di salute. O saliva un po’ di febbre. O gli veniva la tosse. O gli diventava il culo viola. Sempre. Tant’è che spesso varcavamo la soglia dello studio medico belle tronfie della nostra diagnosi: “Ha febbre, tosse e culetto rosso. Sicuramente sta mettendo un dentino!”. E il proprio pediatra ripeteva a ciascuna di noi che non vi era alcun nesso scientificamente provato per cui un dentino dovesse far venire la febbre, la tosse o la cacca acida. Ebbene: per la prima volta ho potuto constatare che il dentino non ha evocato nessuna reazione, nemmeno in prima giornata post-vaccinale. Santiago è stato bene. Niente febbre, niente tosse, niente culo da babbuino. E, anzi, nei giorni successivi ha fatto capolino un secondo incisivo inferiore. La fisionomia del volto ancora non si è modificata di tanto, come so che accadrà quando sbucheranno anche gli incisivi superiori.
L’unica differenza attualmente riguarda l’allattamento al seno. Ricordo una ostetrica che, rispondendo alle nostre domande in merito a quelle madri che allattano anche quando il bambino arriva all’anno di età, affermava che, nonostante i denti, il bambino SA come non fare male alla mamma. Questo è vero fino ad un certo punto.
Facciamo un passo indietro. Come spiegavo recentemente, l’introduzione delle due merende e dei due pasti principali, unita al fatto che alla sera prima di dormire ho preso l’abitudine di dare a SG un biberon di latte con il quale si auto addormenta, ha fatto sì che l’utilizzo della tetta sia riservato alle poppate notturne, alla colazione e a vari e eventuali jolly sparsi per la giornata. Questo ha ovviamente comportato una riduzione, se non del numero totale delle suzioni, sicuramente della loro durata. E, come previsto, la produzione di latte ne ha evidentemente risentito. Forse anche perché ho smesso di bere litri di tisana alla galega e di pomparmi di Fitolat. Probabilmente perché con lo svezzamento ho preso consapevolezza che l’era dell’allattamento sta finendo come è naturale che sia e non mi pesa più. Capisco di essere agli sgoccioli (in senso anche letterale) dal fatto che per sbaglio sono riuscita ad entrare in un reggiseno che usavo nei primi mesi di gravidanza. Ma lo capisco anche dal fatto che, se come l’altra notte, dimenticandomi di dare il biberon di latte finto alle 21.00, mi sono trovata a dover allattare sia alla una di notte che alle 3.00 (tappa ravvicinata e ormai piuttosto rara), il latte che produco probabilmente non lo soddisfa. L’ho capito io, ma anche il resto della famiglia quando, con fare contrariato, Santiago ha serrato le mascelle (cioè i due incisivi) sul mio capezzolo e ha tirato la testa all’indietro ed io, nel cuore della notte, ho cacciato un urlo belluino che ha riecheggiato per le mura domestiche.
Quindi sì, sanno come NON farti male. Ma anche sì, sanno COME farti male. E da allora ho imparato a non dimenticare mai più il biberon della buonanotte e soprattutto a stare molto all’erta durante la poppata in modo che, al primo segno di insoddisfazione del mio castorino, io possa reagire mettendo in salvo la tetta.