Abbiamo inaugurato la stagione delle composte di frutta! La cacca dell’infante, ora che il vasetto di omogeneizzato è diventato tappa fissa mattino e pomeriggio, ha assunto caratteristiche organolettiche drammaticamente differenti da quelle presenti in corso di sola dieta lattea. E me lo ricordavo. Però tutte le volte è sconcertante.
La cacca è pastosa, verdastra, abbondante, profumata (a seconda del frutto ingerito). E abbondante.
L’ho già scritto abbondante? Ah sì. Beh, direi decisamente abbondante.
Ormai, con tutta la buona volontà del mondo, pannolino messo correttamente e tutto il resto, è inevitabile che la composta di mela/pera strabordi dal patello e vada a lordare il bimbo da capo a piedi. E quando dico da capo a piedi intendo da capo a piedi, dal coppino agli alluci.
Ride, lui. Ti avvicini alla culla e ti sembra di essere in un frutteto, durante la stagione di raccolta, a mezzogiorno di una giornata particolarmente afosa. Lo tiri su per le ascelle e già puoi apprezzare l’umidiccio del pigiamino sotto i palmi delle tue mani. Lo volti e noti la chiazza.
Marmellata. Dannazione.
Lo deponi sul fasciatoio e ti guarda come a dire: “Lo sai che l’ho fatta?”
“Ma va? Non mi ero accorta!”
Mentre lo spogli, irrimediabilmente spalmi la composta lungo il decorso delle cosce, quasi quali fette biscottate, e lui, che ormai non sta fermo un attimo, ci passa le mani dentro e ride ride ride, satanico, come non ci fosse un domani.
Il cambio è diventato praticamente il momento del bagnetto. Il bagnetto lo fa ormai più volte al giorno. Dura un minuto, ma praticamente lo devi lavare dal collo in giù.
L’altro giorno ho fatto uno scherzo a Pietro, notoriamente schizzinoso, e gli ho detto di annusare il culetto di Santiago. E lui: “Mmm, buono, profuma! Cos’è?” E io, crudele: “La cacca!” E’ scappato urlando.
Tornando agli aspetti pratici: questa cosa della merenda di metà mattina e metà pomeriggio ha modificato in meglio il mio menage. Allatto al risveglio, poi alle 13.30 circa, poi intorno alle 18.30 e poi prima di andare a letto. In sostanza faccio quello che leggo si dovrebbe fare a questa età: quattro poppate nelle 24 ore. In realtà non è così. La sera, prima di andare a dormire io e comunque dopo l’ultima poppata, preparo un biberon di artificiale, che ormai si scola nel sonno, tenendolo con le manine, aiutato da un puntello fatto con un asciugamano arrotolato. Tutte le sere che fa Dio mi dico che è la volta buona. Che dormirà tutta notte. E invece no. Talvolta si sveglia dopo tre ore (ma l’orologio ce l’ha impiantato nello stomaco???) e dopo aver allattato, dorme per altre tre ore. Talvolta però si sveglia dopo un’ora e mezza, e dopo un’altra ora e mezza. E ancora e ancora, e va avanti così tutta notte. Magari fino alle 6.00. Poi dorme fino alle 10.30 di mattina. E io mi dico, ma come può avere fame se ha mangiato un omogeneizzato alle 18.00, la mia tetta alle 20.30 e 230 ml di biberon alle 22.00? Come può attaccarsi e, non dico ciuccettare tipo coccola, ma proprio bere avidamente per venti o trenta minuti consecutivi e poi risvegliarsi ancora dopo solo un’ora e mezza? L’unica spiegazione che mi viene in mente è che il pargolo, che ormai supera gli 8 Kg e veste 6-9 mesi nonostante non ne abbia ancora cinque, sia pronto per i papponi. E, se mi sarà concesso, inizierei a introdurre il pappone serale, prima che quello del pranzo.
Intendiamoci, ho avuto notti peggiori. Al lavoro in ospedale sicuramente. Ma anche il quel periodo di dieci anni fa, con Leonardo piccolo e Pietro che toglieva il patello, periodo durante il quale mi svegliavo realmente ogni ora ogni notte, periodo che è durato mesi. Siamo ben lontani da questi numeri. Ma ammetto che non mi dispiacerebbe dormire cinque ore consecutive adesso come adesso. Per cui non vedo l’ora che arrivi dopodomani, il fatidico giorno della visita pediatrica. Anche perché di omogeneizzati alla frutta ne sta mangiando ormai due a metà mattina e due a metà pomeriggio perché, come finisce il vasetto, comincia a piangere. La prima volta ho detto: “Va bene, dai te ne apro un altro e ti do un paio di cucchiaini”. Ma ho poi constatato che due cucchiaini non sono bastati. E inoltre, sta riducendosi piano piano anche il lasso di tempo che separa la merenda dalla poppata successiva, il che mi fa pensare che la fame non gliela tolga del tutto.
In ogni caso, sebbene so già che mi mancherà allattare, anche se spero di riuscire a mantenere la tetta mattutina piena per la colazione, è proprio bello vederlo mangiare. E’ bello vedere il papà, il fratello, le nonne dargli da mangiare. E’ bello poter andare in giro sapendo che ti basta portare dietro il vasetto e stai tranquilla per cinque o sei ore. E’ bello sapere che, anche se lo affidi a qualcuno, non hai da lasciare latte tirato o artificiale da scaldare, non hai da spiegare come ricostituirlo o come raffreddarlo etc.
L’altra cosa interessante è che ho provato a dargli un po’ di acqua dal biberon. Gli altri miei due figli consumavano litri di camomilla solubile. Ho pensato che se riesco ad evitare è meglio, anche perché la fanno zuccherata e, io non sono una purista, ma non vedo perché debba dare al bambino di quattro mesi tutto quello zucchero. Per cui, fautrice della tesi che “se non sa che cosa è il buono non può sentirne la mancanza”, ho provato a dargli acqua liscia. Però tiepida, perché a temperatura ambiente la schifa. E, udite udite, la beve! Non tanta, ma il giusto per sciacquarsi la bocca dopo la merenda. Che tutta quella frutta, a secco, probabilmente darebbe fastidio a chiunque. E se devo tirare fuori anche la tetta dopo l’omo di frutta… non ha senso il concetto di merenda.
Tornando a noi, mi godo la stagione delle composte di frutta, giacché so che poi, quando si introdurranno i papponi con i vari omogeneizzati di carne e (di terribile e nauseabondo) pesce, non ci sarà nulla da ridere. E rimpiangeremo i frutteti.