Quando uno crede di averle viste davvero tutte…
Venerdì sera una mia collega salutava tutti in un locale (il Loft) perché il giorno successivo sarebbe partita per l’India per quattro mesi. Decido di andare. Tiro il latte e lascio Fabio da solo a casa con i bimbi. Magicamente, Pietro va a letto entro le 22.00. Leo ha il singhiozzo, ma dopo la poppata va giù secco pure lui. Esco con un “nebbione paura” alle 23.00. Pensavo di fare in fretta, ma la festeggiata arriva solo a mezzanotte. Torno a casa per l’una. E’ stato divertente, anche perché son stata abbordata da un quarantenne e l’idea di dirgli che avevo le tette gonfie, i punti e l’assorbente esterno mi tentava di brutto…
Torno a casa e trovo Leo che grugnisce con le colichette e Fabio che dal letto mi dice che è un po’ che si lamenta. Gli dico: “Gli hai dato il latte?” E lui: “No!” E io mi incazzo perché non ci voleva mica niente a darglielo e anche se si lamentava non di fame ma di pancia, un po’ di latte l’avrebbe confortato! Fatto sta che comincia la mia notte da incubo, con plurimi risvegli e ponzamenti vari. La mattina sono incazzata nera, di pessimo umore. Anche perché si sveglia Pietro per la pipì e mi alzo io, riuscendo poi a rimetterlo a nanna. Ma quando si sveglia del tutto, mando Fabio che, invece di portarselo di là, me lo porta a letto, costringendomi ad alzarmi, oltretutto dicendo: “Vabbeh, è ora di alzarsi, sono anche le 9.00 di mattina!” (senza contare che praticamente in totale avrò dormito tre ore nette…).
Come tutti i pomeriggi non riesco ad andare a dormire (mi sembra di perdere tempo! E poi ho sempre qualcosa da sistemare mentre dormono entrambi!). L’umore comunque migliora e arriviamo a sera. Sabato notte va meglio. Domenica mattina non c’era niente in programma (né schiumetta né pranzo coi miei). Chiedo a Fabio di stare con Pietro che provo a dormire un po’ (dopo le 9.00, tutte le mattine, Leo crolla, mentre dalle 7.00 alle 9.00 è il suo momento peggiore per la pancina). Lui va di là e io mi addormento (in realtà mi sveglio tre volte in dieci minuti: la prima per il suono del cellulare di Fabio, lasciato in camera; la seconda per Pietro che, sfuggito alla sorveglianza, mi è entrato in camera; la terza in seguito a urla belluine di Pietro).