12 novembre 2011

Avrei voluto scrivere questa mail molti giorni fa. Ma le circostanze non me lo hanno consentito.

Sarebbe stato bello fotografare e salvare in tempo reale le emozioni che si sono susseguite dopo il ritorno a casa. Sicuramente l’assenza di ansia è stata una delle cose più belle.

Ricordo che al ritorno a casa con Pietro, il suo essere costantemente soporoso, ai limiti della possibilità di allattarlo, mi aveva fatto sciogliere in un bel pianto non appena arrivata a casa. Leo, come il fratello, non è stato particolarmente vispo al rientro. Ma questo mi ha dato molta serenità: l’ho interpretato come un segno di benessere.

Chiaramente il ritorno non è stato “normale”: Fabio ha voluto passare prima a trovare sua mamma, a farle una sorpresa e a ritirare Pietro che dormiva lì. Seggiolino più navicella montati posteriormente. E la macchina sembrava esplodere. Arrivati a casa, bagnetto per Pietro. Cambio patello per Leo. Finalmente doccia per me. E appena uscita dalla doccia, mi sono ritrovata i vicini in casa, i quali sono rimasti fino alle sette di sera, incuranti del fatto che io (90/60 mmHg di pressione, emorragica e visibilmente stanca) continuassi esplicitamente ad esortarli ad uscire. 

La notte è andata piuttosto bene. Leo si sveglia ogni ora e mezza/due per mangiare. Un po’ l’ho allattato a letto, un po’ di là sul divano. E come per abitudine, l’ho cambiato ad ogni poppata. A differenza di Pietro, non mi fa la cacca subito attaccato. Né me la rifà nel patello appena messo, per fortuna. I primi giorni mi faceva solo delle cacchine misere, che però mi obbligavano al cambio. Risultato: sono già alla quinta scatola di Pampers… Ora però mi sono fatta furba e se non c’è cacca, col cavolo che lo cambio ad ogni poppata! A volte nemmeno mi alzo dal letto, lo allatto e lo rimetto giù (sperando che non parta col singhizzo!).

La pipì sul fasciatoio ce la siamo beccata un paio di volte. Ma la mamma ha applicato il metodo di Pietro (ripescato nei meandri della memoria). Subito dopo il bidet, lo prendo in braccio in direzione lavandino e sussurro: “Fai la pipì….psssssssss!” E lui, prontamente, piscia nel lavandino. Dopodiché, lo calo su fasciatoio, senza incidenti.

La mattina successiva Fabio mi convince ad andare al bar, come se fosse stata una domenica normale (era il primo novembre). Io ero titubante. Non solo invece il piccolino è stato catatonico tutta la colazione, ma Pietro è stato bravissimo, ha fatto la sua schiumetta e poi ha giocato con le sue carte in braccio a me per una buona mezz’ora. Sono andata a messa e poi sono venuti i miei a pranzo. Nel pomeriggio, visita degli altri vicini di casa, che si son fermati anche loro fino alle 19.00, compresi i figli ventenni (non so io come la gente non capisca quando il troppo è troppo). 

Anche i giorni successivi sono stati ovviamente ricchi di visite, cene fuori da parenti vari e cene con vari ospiti e varie attività.

Quando Fabio rientrava dal lavoro, uscivamo tutti insieme con la carrozzina fino al discount a piedi a prendere qualcosa. Pietro bravissimo, un po’ spinge la carrozzina, un po’ vi si attacca e cammina a lato. Nei confronti del fratello non sembra aver sviluppato gelosia franca. Per chi c’era in ospedale, devo dire che i suoi atteggiamenti sono rimasti quelli: continua ad andare a baciarlo, prende i piedini, bacia le manine, mi dice: “Guarda, come sono piccole!”. Se apre la bocca mi dice: “Guarda, ride!” e se piange: “Oh, non piangere! Mamma, prendilo in braccio!” Insomma, commovente.

Se non fosse che un paio di volte s’è manifestato anche in lui l’innato senso di rivalità. Quando l’allattavo e lui esigeva un altro pezzo di focaccia e io l’ho dirottato sul papà che però era al telefono e allora lui è tornato da me e ha tirato una pacca sulla schiena a Leonardo. Oppure quando, “stranamente”, in un momento di sovreccitazione, ha preso a lanciare cubetti di Winnie Pooh a destra e a manca, ma prevalentemente in direzione della culla di Leo. Oppure quando ogni tanto si mette a scuoterla o sentiamo qualche versetto di Leo (vere eccezioni, manco piange di solito! Al massimo quando è sveglio fa una sorta di “Uèèè” che dura un secondo) e lo troviamo con aria furbesca di fianco alla culla e non si capisce che cosa gli abbia fatto (secondo me lo smanaccia un po’ in faccia come fa quando davanti a me vuol fargli una carezza).

Dal canto suo, Leo è serafico. Frequentissimanente lo trovo sveglio, a fissare il nulla con i suoi profondi occhi cerulei. Gli occhi sono proprio diversi. Nocciola, quelli di Pietro. E forse lo sono sempre stati. Ho idea che Leo non li avrà marroni…

Il vero miracolo riguarda Pietro. Posto che negli ultimi tempi, il famoso “goccino” di pipì nelle mutande era spesse volte tornato ad essere una franca pisciata addosso, da quando Leo è a casa è tornato ad essere bravo. Bravo forse è troppo, perché ha smesso comunque di dire che deve fare pipì: devi essere sempre tu a portarcelo, a volte con la forza, ma fondamentalmente gli incidenti si sono ridotti/annullati. Ma è la notte che mi ha sconvolto. Fin dal primo giorno che è nato Leo, Pietro non s’è più svegliato di notte. Nemmeno una volta (eccezion fatta per questa notte, in cui mi ha chiesto il succo). Questa cosa è allucinante: mai successo in due anni e mezzo. Prima li mettevamo in stanza assieme e quando Pietro dormiva, trasportavamo Leo da noi. E lo riportavamo di là la mattina. Ora nemmeno questa accortezza utilizziamo: lui non ha mai chiesto di venire da noi, né perché mai Leo potesse stare in camera con noi.

Finchè dura, perché Fabio dice che tra un po’ lo mettiamo di là. Con Pietro non tollerava tutti i suoi rumori, né che io allattassi a letto. Evidentemente non era/eravamo abituati a svegliarci tante volte nella stessa notte. Ora invece che siamo veterani, lui non si accorge nemmeno di quante volte allatto e dormiamo con una lucina blu sempre accesa (in questo Leo sembra uguale al fratello, se la spengo piange!).

Dal canto mio, abituata ad alzarmi per capricci, febbri, pipì, succhi e coccole, non ci faccio nemmeno caso a quante volte mi alzo. Anzi, vi sembrerò assurda, ma soprattutto i primi giorni ero quasi in trepida attesa della notte. Questo perché di giorno Leo dorme quasi per tre ore di fila. E per tutto quel tempo sta da solo in camera. E io mi sento in un certo senso quasi di trascurarlo. Mentre magari passo tutto il tempo con Pietro (ricordate che ci son stati anche tre giorni di pioggia continua?). E quando si sveglia, lo allatto con circospezione, magari leggendo un libro a Pietro o guardando un cartone con lui.

Ma la notte… ma la notte invece è tutta nostra. Lo allatto, lo bacio, lo coccolo, lo cullo, gli parlo, lo ribacio, lo annuso. Insomma… lo amo! Prima che nascesse, temevo proprio questo: non tanto di non volergli abbastanza bene e di prediligere Pietro, quanto di volergliene troppo e di trascurare Pietro. Perché mentre negli atti sono molto più tempo con Pietro, tuttavia nei suoi confronti, non fraintendetemi ma provo a spiegarmi come riesco, mi sento talvolta diffidente, quasi ostile. Perché temo che possa far qualcosa al fratellino, perché comunque stando con lui non posso stare con il fratellino. E poi perché proprio in quest’ultima settimana, poverino, s’è preso una tosse allucinante e da ieri ha anche un occhietto che spurga e io sono terrorizzata che possa attaccare qualcosa a Leo. Per cui, mentre a differenza di mio marito, non gli dico: “No!” quando vuole baciarlo perché non mi sembra giusto, magari glielo faccio fare, anche se in cuor mio penso: “Non sbavarlo, che gliel’attacchiiiiiiii!”

A questo poco nobile sentimento, se poi ci aggiungete la “mastite” (a proposito, alla fine ho preso l’antibiotico: ieri sera ancora brividi e dolori. Stamane gran mal di testa e dolori, chissà, magari era solo influenza, ma oramai…) e il fatto che stanotte anche Leo (che comunque piano piano si sta svegliando anche di carattere e ora è un po’ più vispo) ha passato tutte le ore a ponzare per il mal di pancia costringendomi ad attaccarlo tutto il tempo (tra l’altro da quando ho fatto spremiture varie, le tette sono molto più molli e invece di allattare in sette minuti, oggi ce ne son voluti trenta…), capite bene che stamattina mi sono fatta (finalmente) un bel pianto.

Ora sto meglio, Fabio è fuori con Pietro. Me l’ha portato via anche stamattina. E per fortuna perché in realtà in settimana è più il tempo che siamo a casa tutti e tre che quello che me lo portano via (alla faccia del vecchio adagio: “Elly, fatti aiutare mi raccomando!”). Ma la verità è che davvero per ora è come avere un figlio solo. Chiaro che però sono più stanca di prima e se ci mettete anche la febbre…  Ora scrivo con Leo accoccolato sulle mie gambe incrociate.

Per rispondervi, io non credo di amare di più uno o l’altro bimbo (anche se è ovvio che con Pietro con-viviamo da due anni e mezzo e che lui è proprio una “persona” con il suo carattere e con dei vissuti condivisi che chiaramente rendono il nostro sentimento “amore” più strutturato dell’”amore” istintuale che ogni mamma nutre per il frugoletto indifeso che stringe tra le braccia). Non credo nemmeno che saranno due amori diversi. Credo che Leo avrà un carattere e qualità diverse e che quindi amerò quelle più che altre. Non è vero che togli attenzioni al grande. O meglio, per ora non è così nel mio caso. Anche se devo ammettere che se Leo fosse un neonato piangione non so come farei (c’è stato un pomeriggio che non riuscivo a metterlo giù e quindi sono andata avanti a giocare in cameretta per terra con Leo in braccio).

Semmai attualmente mi sembra di trascurare lui. Fabio dice che, se stesse male o soffrisse la solitudine, piangerebbe. Io non lo so, a volte penso che sarebbe più tranquillo a dormire sul petto di sua mamma. Come ora, che dopo che l’ho preso sulle gambe, ha smesso di ponzare e grugnire e dorme abbandonato con la bocca aperta.

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