22 novembre 2011

Quando uno crede di averle viste davvero tutte…

Venerdì sera una mia collega salutava tutti in un locale (il Loft) perché il giorno successivo sarebbe partita per l’India per quattro mesi. Decido di andare. Tiro il latte e lascio Fabio da solo a casa con i bimbi. Magicamente, Pietro va a letto entro le 22.00. Leo ha il singhiozzo, ma dopo la poppata va giù secco pure lui. Esco con un “nebbione paura” alle 23.00. Pensavo di fare in fretta, ma la festeggiata arriva solo a mezzanotte. Torno a casa per l’una. E’ stato divertente, anche perché son stata abbordata da un quarantenne e l’idea di dirgli che avevo le tette gonfie, i punti e l’assorbente esterno mi tentava di brutto…

Torno a casa e trovo Leo che grugnisce con le colichette e Fabio che dal letto mi dice che è un po’ che si lamenta. Gli dico: “Gli hai dato il latte?” E lui: “No!” E io mi incazzo perché non ci voleva mica niente a darglielo e anche se si lamentava non di fame ma di pancia, un po’ di latte l’avrebbe confortato! Fatto sta che comincia la mia notte da incubo, con plurimi risvegli e ponzamenti vari. La mattina sono incazzata nera, di pessimo umore. Anche perché si sveglia Pietro per la pipì e mi alzo io, riuscendo poi a rimetterlo a nanna. Ma quando si sveglia del tutto, mando Fabio che, invece di portarselo di là, me lo porta a letto, costringendomi ad alzarmi, oltretutto dicendo: “Vabbeh, è ora di alzarsi, sono anche le 9.00 di mattina!” (senza contare che praticamente in totale avrò dormito tre ore nette…).

Come tutti i pomeriggi non riesco ad andare a dormire (mi sembra di perdere tempo! E poi ho sempre qualcosa da sistemare mentre dormono entrambi!). L’umore comunque migliora e arriviamo a sera. Sabato notte va meglio. Domenica mattina non c’era niente in programma (né schiumetta né pranzo coi miei). Chiedo a Fabio di stare con Pietro che provo a dormire un po’ (dopo le 9.00, tutte le mattine, Leo crolla, mentre dalle 7.00 alle 9.00 è il suo momento peggiore per la pancina). Lui va di là e io mi addormento (in realtà mi sveglio tre volte in dieci minuti: la prima per il suono del cellulare di Fabio, lasciato in camera; la seconda per Pietro che, sfuggito alla sorveglianza, mi è entrato in camera; la terza in seguito a urla belluine di Pietro).

Il fatto è che erano due giorni che, dopo la pipì, ogni tanto Pietro diceva che gli faceva male il pirillo. Avevo detto a Fabio che avremmo dovuto guardare (paradossalmente il fatto di aver tolto il patello fa sì che probabilmente facciamo meno bidet di prima e temevo che si fosse infiammato).

Succo del discorso, mentre io cercavo di riposare, Fabio ha pensato di guardare da solo.

Sentendo urlare Pietro corro in bagno e trovo la seguente scena: Pietro seduto sul fasciatoio di Leo con il pisello di fuori e le gambine nel lavello. Fabio che aveva appena sciacquato il pisellino con il doccino. Il pisellino, tirato indietro. La pelle del pisellino, rossa rossa, che stringe il pisellino stesso. Capisco subito che c’è qualcosa che non va. 

“Fabio, tiraglielo giù!”

“Io… io non riesco più!”

Volevo morire. L’incubo peggiore si era appena verificato.

“Come non riesci???”

“Non viene più giù! Ha una parafimosi!”

Cominciamo con vari tentativi. Pietro si dimena, uno tiene le mani e i piedi e l’altro prova a tirare giù la pelle, ma non c’è verso, il pisello sempre più gonfio. Io sto per andare in panico, ma cerco di non darlo a vedere. 

“Pietro, dai, dobbiamo chiudere il pisellino!”

“Nooooooooo, dammi i vestitiiiiiiiii, mettiamo le butande!!!”

Mi vien da piangere. Ma come è successo???

Alla fine ci rassegniamo, lo vestiamo così. Lui, paralizzato, seduto sul divano guarda i cartoni e non muove un muscolo.

Chiamiamo una nostra amica urologa che era pure di riposo dopo la guardia e le diciamo cosa dobbiamo fare. Ci manda in farmacia a comprare delle creme con anestetico e lubrificante e dice che arriva subito.

Quando arriva, la situazione è peggiorata. L’anello di pelle attorno al glande è diventato tutto gonfio e teso e viola. Lei mette i guanti e dice: “Raga, mi dispiace, ma urlerà!”

Lo teniamo mani e piedi e lei prova in tutti i modi a tirare giù la pelle e comincia a scuotere la testa.

Io mi sento male. Pietro urla come un matto. “Bastaaaaaaaa!”

“Mettiamo la crema, cosa dici?”

E lei: “No, la lidocaina vasocostringe e la situazione attuale farebbe sì che andrebbe in necrosi la pelle del prepuzio!”

Vedo che cambia tattica e stringe ad anello la pelle, per sgonfiarla.

Poi io distolgo lo sguardo (non apposta, proprio per caso) e scorgo un movimento fulmineo (Fabio dice che con i pollici ha ributtato indietro il pisellino). Schizza qualcosa tipo sangue misto a siero.

Il pisello è tornato a posto.

Pietro smette subito di piangere (“Ora mettiamo le butande???”).

Io quasi bacio le mani alla nostra amica. Ci vestiamo e andiamo a fare colazione al bar. Praticamente Pietro torna un bimbo normale. Lei ci dice che comunque sarà da fare l’intervento perché vuol dire che è stretto e io comincio a pensare che non è possibile che capitino tutte a noi. Soprattutto dopo che ci siamo sempre confortati col fatto che la manovra, le rare volte che era stata fatta, era sempre andata a buon fine. La nostra amica ha detto che andava fatta per vedere se c’era qualcosa sotto, ma che forse andava subito richiuso senza star lì a pulire con il doccino. Io so solo che se ci fossi stata e avessi visto che magari Fabio questa volta faceva più fatica, probabilmente gli avrei impedito di arrivare a fine corsa. Comunque lui era costernato e chiaramente non gli ho detto niente. Lei ci dice di medicarlo con il Gentalyn. Pietro fa pipì prima della nanna e urla. Brucia da matti. Gli facciamo coraggio e poi lo mettiamo a nanna. Stessa scena dopo la nanna. Nel pomeriggio avevamo una festa di compleanno di una bimba di due anni. Decidiamo di andare.

Tutto va a gonfie vele. Pietro gioca con almeno 11 bimbi dai 3 mesi ai 3 anni, non litiga, non picchia nessuno. Leo bravissimo, lo allatto, lo cambio. Chiediamo a Pietro se deve far pipì, ma lui nega. Fino a che lo vedo prendersi con le mani il cavallo del pantalone e fare una smorfia. Dai, devi fare pipì, vieni che andiamo. E comincia il calvario. In bagno urla come un ossesso. Fa un goccino e poi si ferma urlando che brucia. Non vuole mettere la crema. Usciamo dopo dieci minuti di tentativi con lui in braccio che non vuole più mettere piede a terra. Quando riesco ad appoggiarlo rimane impalato con le gambe aperte. Spieghiamo a tutti che abbiamo avuto quell’incidente (avrebbero pensato che l’avevamo violentato!) e andiamo via. Fabio decide di passare dalla nonna. E lì parte la seconda tranche. Tutti intorno per convincerlo a fare la pipì. Sulla vasca, nel bidet, nel vasino. Non si riesce. Lui urla, Fabio urla, io cerco di sorridere, i nonni lo confortano. Un disastro. Dopo un’ora, finalmente, si arrende e ne fa un litro ridendo nel bidet. “Non fa male, mamma!” Bene! Poco dopo chiede di fare anche la cacca e la fa nel vasino con un po’ di pipì. Torniamo a casa confortati. Io temo per la notte, ma in realtà crolla istantaneamente e non si sveglia mai. La mattina il patello è bagnato, segno che non ha avuto male nel sonno. Riesco a fargli fare la pipì che è ancora un po’ addormentato. Sono le 8.30. Arrivano le nonne, ma lui non chiede né ammette che gli scappi. Arrivano le 14.00 e io comincio a dire che non è possibile che non gli scappi. Ma lui si rifiuta e comincia a urlare che brucia. Cerco di ricordargli che non è vero, ma non c’è verso. Mia mamma dice, pace, mettilo a letto col patello. Ma io non voglio dargliela vinta, voglio che sappia che non deve avere paura! Per cui passo un’ora a cercare di convincerlo in tutti i modi. Lui si dimena, si butta per terra, piange, dice che ha paura della pipì. Ad un certo punto, non si accorge nemmeno, ma mentre è in piedi, a piedi nudi sul pavimento del bagno, escono delle goccine di pipì. Guarda, Pietro, la stai facendo e non ti accorgi! E lui si guarda il pisello e molla le resistenze e mi piscia un litro per terra. Sempre ridendo e dicendo: “Non ho più la bibi!”. Ok, lo metto a nanna, pulisco e mi dico che ho fatto bene ad insistere. Te lo ricorderai dopo vero? Sì, mi dice. Si sveglia e non mi chiede più di far pipì. Torna a casa Fabio alle sei di sera. Gli racconto tutto e gli dico che è dalle 14.00 che non la fa. Lui lo porta di là, stessa scena. Ok, non importa, dice Fabio. Io invece mi impunto. Come non importa? Io ci ho messo un’ora, non è possibile che non ce l’abbia da fare. Fabio allora la prende sul personale e comincia in tutti i modi a cercare di convincerlo, anche minacciandolo che poi gli fa male la pancia se la tiene etc etc.  Passa più di un’ora. Un’ora di pianti, urla e lotte sul water. Io son disperata. Fabio comincia ad accusare me che probabilmente davvero non ce l’ha da fare e lo stiamo torturando ingiustamente. Per colmo dei colmi, mentre è lì che prova a spingere per fare pipì, gli diventa il pisellino tutto duro. Fabio mi dice che questa cosa è come se spingesse trattenendo. Che adesso il bimbo è rovinato perché vuol dire che ha davvero paura perché per arrivare ad un’erezione vuol dire che non cederà mai e che tutto il “sistema idraulico” è andato a puttane.

Io voglio piangere e penso a quanto mai quella domenica ho chiesto di dormire un’oretta.

Alla fine, come quel pomeriggio prima della nanna, mentre sono di là da sola con lui, vedo delle goccine. “Guarda, guarda, esce da sola!”. Lui non si accorge e molla tutto e mi piscia di nuovo per terra, sempre ridendo e sempre dicendo che non ha più la bibi. Dopo di che giochiamo insieme, facciamo un puzzle e io penso che se prima era traumatizzato dal dolore, ora sicuramente è traumatizzato per causa nostra.

Dopo un po’ mi chiede di fare la cacca e la fa senza battere ciglio nel vasino e (probabilmente non si accorge nemmeno) fa anche un po’ di pipì.

Lo metto a nanna col patello senza chiedergli più niente. Decido che da oggi farò finta di niente.

Stamane il patello era bagnato. Lo porto in bagno come tutte le mattine e lui si rifiuta. Ok, dico. Non importa. Dopo un po’ lui mi dice che gli scappa la pipì. Corri corri, andiamo sul water! Abbasso il patello. Il pisellino sgocciola ma lui urla dicendo che se la fa brucia e che non vuole farla. Ok, cerco di rimanere calma, non importa, però almeno facciamo il bidet! Lo metto sul bidet e mentre scorre l’acqua lui, involontariamente, fa un po’ di pipì. Eccola, dice, non fa male! Lo vesto e ora è uscito con la nonna.

Succo del discorso…

Sono terribilmente affranta. Chissà che dolore deve aver provato. Chissà che trauma in una zona così delicata. Proprio quello che temevo che potesse succedere è accaduto. La fortuna è stata trovare questa nostra collega disponibile. Lei dice che l’intervento va fatto in anestesia totale o a Bergamo o al Policlinico ma io non ci voglio nemmeno pensare. Finora non avevamo avuto problemi. Chiederò alla pediatra se può aver senso provare anche noi, come ha fatto qualcuna di voi, col cortisone. Io non riesco a credere che siamo ancora in ballo con gli ospedali e gli interventi.

Dal punto di vista psicologico non riesco a non pensare che questo resterà un trauma per sempre. E la cosa peggiore è che temo che l’abbiamo ingigantito noi con ore e ore di tentativi e di urla chiusi in bagno. Pietro ora sembra sereno, ma veramente non so come sia possibile.

In tutto ciò ho pure trascurato Leo, che è stato mollato ore e ore in camera (non piange mai, ma anche lui sentirà le urla e sicuramente avvertirà la tensione).

La nota positiva è che non se la farà più addosso, credo…

Io mi domando, ma fanno gli sconti famiglia per Lourdes?

PS Peso di Leo = 5 Kg!

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