11 novembre 2024

Come volevasi dimostrare il flagello infettivo si è abbattuto sulla famiglia intera, con l’eccezione di Fabio che probabilmente è immune da qualunque virus/batterio/fungo si aggiri tra le quattro mura domestiche. Pietro, Leo ed io siamo stati colpiti da raffreddore, mal di gola, tosse catarrale cavernosa. Pietro ha addirittura avuto la febbre ed entrambi, squassati dopo tre settimane di sofferenze, abbiamo dovuto ricorrere, dopo decenni, alla cura antibiotica (in casa nostra per fortuna dedicata solo ai casi disperati). Leo stranamente l’ha superata con una certa disinvoltura, salvo essere di nuovo dentro in questi giorni (raffreddore e moccio verdastro).

L’untore, Santiago Gabriele, ha tossito per tutto il primo mese di scuola. Terrorizzato dalla pratica del lavaggio nasale con la fialetta di fisiologica, ha scoperto dopo poco che in verità la cosa non solo gli piace, ma è diventata per lui una vera dipendenza, parte del rituale dell’addormentamento. 

“Fiioogica!” Dice, con fare professorale.

“Subito!” Replico. E vado a prendere la fialetta. Si corica di lato, sul letto, con un bavaglino pronto per asciugare i vari percolamenti nasali e, tra lo spaventato e l’eccitato, porge una narice. Ride quando la lavo, si mette subito seduto per soffiare nel fazzolettino e poi si volta sull’altro fianco. Valli a capire, i bambini!

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21 Settembre 2024

Siamo sopravvissuti all’inserimento. O così pare.

Ho preso ferie, ne avevo in avanzo ancora dall’anno scorso: pensavo che mi sarei goduta questo passaggio obbligato, almeno con il terzo figlio. Quando era toccato ai primi due avevo delegato alla babysitter: ero una giovane specializzanda e non pensavo di potermi permettere il lusso di accompagnare i miei figli a scuola. A distanza di tanti anni, come al solito, si rivedono le proprie scelte sotto una luce diversa. 

Il primo ed il secondo giorno, in verità, non si è trattato di un inserimento. All’asilo ci siamo rimasti insieme, due ore e mezza, dalle 9.00 alle 11.30. Santiago è entrato entusiasta, si è lanciato subito sui giochi disposti ai vari angoli del salone. Si è impossessato immediatamente della cucina e ha trascorso mezz’ora a cucinare per me. Quando la maestra ha chiamato, ci siamo trasferiti nella nostra classe. C’erano solo i bambini “piccoli” come lui, mi è spiaciuto che non siano state fatte delle presentazioni formali, ma poi ho pensato che fosse meglio così, che socializzassero poco a poco con il passare dei giorni e si conoscessero tra loro spontaneamente. C’è stata la pausa bagno, con la pipì nel water e il lavaggio delle manine. Quindi la merenda. Poi il gioco in classe, poi ancora il gioco nel salone.

Lo guardavo, lo tenevo d’occhio, diciamo. Temevo qualche gesto inconsulto, qualche monelleria, qualche violenza fisica. Invece no. Confesso che allo scadere dell’ultima mezzora ne avevo le tasche piene. Ammiro molto chi lavora con i bambini: io non so se avrei la pazienza necessaria. O meglio: so che non l’avrei. Il frastuono infernale, le urla, i pianti, le risate. E tutto quel baccano provocato solo da un terzo della popolazione abituale dell’asilo!

Quando siamo usciti gli ho chiesto che impressioni avesse avuto.

“Beeeeello asilo!” Mi ha risposto

“Sei stato bravo!” Gli ho detto

“Sì: non ho morso nessuno!”

E così si è concluso il primo giorno. 

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1 settembre 2024

La gastroenterite a coinvolgimento familiare ha colpito nuovamente a distanza di otto mesi. Dopo Capodanno, volevi che Ferragosto passasse indenne?

Questa volta, a sorpresa, ha iniziato Fabio. Al rientro dalla sagra di paese è stato male. Dieci minuti di orrore, nel cuore della notte. Poi più nulla. Si sa, a lui va sempre di lusso.

Abbiamo inizialmente pensato ad un effetto collaterale legato alla casseula (ebbene sì) servita durante la cena, che noialtri non abbiamo toccato. O, nella peggiore delle ipotesi, ad un rito vudù perpetrato a suo carico da parte di un tizio che ci ha insultato perché, a suo giudizio, avremmo dovuto lasciargli il tavolo non appena terminato il pasto. Invece, dopo soli due giorni, ecco iniziare Santiago. Avevo il turno lungo e quindi sono arrivata a casa dopo le dieci di sera. Mentre mi accingevo a mangiare il piatto di pasta che mi avevano lasciato mi informavo sullo stato di salute dei presenti. 

“Santiago diceva di avere mal di pancia, così gli ho lasciato il catino accanto al letto” mi risponde Fabio.

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17 agosto 2024

Siamo sopravvissuti tutti alle ferie, nonni compresi. Durante la nostra assenza pare che Santiago al mare si sia comportato discretamente bene. Mangiando come un lupetto, nuotando come un pesciolino, addentando solo un paio di bambini al giorno. Come previsto, lo scoglio più difficile da superare è stato quello della condivisione dei giocattoli. Quando però ha fatto amicizia con una bimba di qualche anno più grande, che mia suocera ha definito “dagli atteggiamenti molto materni”, sembra che Santiago abbia trovato il suo equilibrio, imparando a stare al suo posto al momento opportuno e a divertirsi in maniera sana.

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24 luglio 2024

“Prima regola: non si…”

“Modde!”

“Bravo, non si morde. Seconda regola: non si lanciano gli…”

“Ottetti!”

“Gli oggetti. Giusto. Terzo: non si beve…”

“Canna”

“Non si beve a canna! Infine si fa il…”

“Bavo!”

“E si obbedisce alla…”

“Nonna!”

Ripetiamo il mantra almeno dieci volte al giorno nell’ultima settimana.

Siamo in procinto di partire per una meta lontana. Lui starà a casa con la nonna, che però lo porterà al mare. E io sono preoccupata.

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23 giugno 2024

Sabato lavorativo: mi tocca il turno di dodici ore e poi domenica farò la notte. La mattina è stata piuttosto indolore, anche se concitata. Nè morti nè feriti, ma il solito ritmo indefesso, la corsa contro il tempo per finire il giro visite in reparto, senza mangiare, bere o fare pipì. Anche perché alle 13.30 si deve scappare in dialisi, situata 500 m più in là, a dare il cambio al collega che fa un turno complementare. Sono riuscita a prendere un tramezzino al Discount interno, una Fanta, dei biscotti, generi di conforto. Prendo consegne, saluto e mi siedo alla scrivania, divorando il mio pasto il più velocemente possibile, sperando di non essere interrotta. Giro visite in dialisi, qualche problema da risolvere, ma anche qua, per fortuna, oggi sembra tutto quieto. Recupero delle cartelle cliniche sulle quali lavorare. Esami da controllare, pazienti da convocare, mail alle quali rispondere. Tutto sommato, si sta rivelando una giornata piacevole. Qualche volta arrivano messaggi sulla chat familiare: oggi c’è l’ultimo torneo dell’anno, in casa. Fabio è andato a vedere Leo. Con lui ci sono anche lo zio e il nonno. Mi mandano foto, qualche video. Un goal mancato, una rovesciata. Mi spiace non essere là con loro.

Dopo un paio d’ore, inaspettatamente, mi suona il telefono. All’altro capo c’è il team manager della squadra di calcio di Leo. Avranno vinto. Mi vorrà chiedere se, come al solito in queste circostanze, Leo possa andare insieme alla squadra a mangiare un gelato. Probabilmente Fabio è andato a casa e hanno bisogno del mio permesso. 

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16 maggio 2024

Questa cosa che Santiago vuole vedere le mucche e io non riesco a portarcelo deve finire.

Me lo continuo a ripetere, mentre spingo la bici su per la salita dei box, il bimbo sul seggiolino posteriore che continua ad esortarmi a salire in sella. E io che gli spiego che, se vogliamo arrivare in cima, devo spingere la bici a piedi.

La usava Fabio questa bici con il seggiolino posteriore, tanti anni fa, quando Pietro e Leo erano piccoli. Io stavo sulla mia Graziella con il seggiolino anteriore, sul manubrio. Non sono abituata ad avere tutto questo peso sulla ruota di dietro. Me ne accorgo non appena comincio a pedalare e Santiago si sbilancia a destra e a sinistra, indicando ora un camion rosso ora il treno. Ne ho la riprova quando, davanti al marciapiede sono costretta a fermarmi: appoggio un piede a terra e, con tutte le mie forze (ancora abituata ad avere il peso sul davanti) tento di sollevare la ruota anteriore per farle superare il gradino. Come quando sollevi il contenitore del latte vuoto, che però credi sia pieno e il braccio si muove fin sopra la testa per quanto avevi calibrato male le forze (e spesso il poco latte sul fondo va a schizzare il soffitto). Perdo il controllo della bici che per poco non si ribalta completamente. Spettacolo grottesco, immagino: una madre che impenna con il pargolo che quasi tocca a terra, tutto reclino su un fianco che grida: “Mamma! Mamma!”. Faccio uno sforzo sovrumano, in bilico sul piede sinistro, riesco a far tornare a terra la bici. Con un secondo tentativo, comunque non senza difficoltà, riesco finalmente a superare l’ostacolo. Vorrei spaccare con una pietra il finestrino del tizio che ha parcheggiato davanti alla discesina del marciapiede, obbligandomi a quella manovra, ma mi contengo, salgo nuovamente sui pedali e riparto. Sto sudando, la scarica di adrenalina che mi ha percorso mentre a pochi metri da casa stavo per far cadere rovinosamente mio figlio dalla bici mi ha surriscaldato.

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9 maggio 2024

Il continuo viaggiare per lavoro di Fabio mi ha costretta a turni ospedalieri “scomodi”: chiedendo di non effettuare guardie nei giorni in cui mio marito era assente, mi è toccato prestare servizio su guardie di 12 ore consecutive molto ravvicinate tra loro. Per contro, è capitato più spesso di trascorrere ore e ore da sola con i ragazzi e, in particolare, con Santiago. 

Confesso che questo suo non comunicare verbalmente mi stava mettendo un po’ alla prova. Il bambino capisce tutto, sa spiegare tutto a modo suo, ma non elabora frasi complete: mi sono resa conto che mi stavo abituando con una certa rassegnazione a questo stato di cose. Come se, da “brava” madre, accettassi questo terzo figlio così com’è, non capace di esprimersi correttamente con le parole, soffrendo però tacitamente per tutti quegli scambi mancati, i  mancati ritorni, l’incapacità mia di comprendere effettivamente i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue richieste. Come se questa condizione avesse dovuto protrarsi per sempre. 

E poi, piano piano, ho cominciato a vedere minuscoli, ma progressivi, miglioramenti. 

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18 marzo 2024

Il momento del bagnetto è sempre stato un fondamentale rituale di passaggio per i miei figli. 

Balle.

Il bagnetto non ha nulla a che vedere con la pulizia. Non ha niente a che spartire con l’approccio all’acquaticità. Non riguarda le fasi di crescita. 

Il bagnetto in realtà è un escamotage diabolico per liberarsi temporaneamente del bambino. 

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26 febbraio 2024

Santiago è migliorato, sotto certi aspetti. Non morde più i suoi fratelli quando si arrabbia. Li picchia solo in risposta a qualche provocazione subita. Infatti, nonostante abbiano 12 e (quasi) 15 anni, spesso lo trattano come un loro pari, gli strappano giochi di mano, non gli fanno assaggiare la merendina perché la stanno mangiando loro, lo spintonano se si mette davanti alla TV. Insomma, se da un certo punto di vista posso dirmi contenta dell’integrazione raggiunta, questo tuttavia significa dover spesso assistere a spettacoli piuttosto discutibili. Sì, perché quando parte il litigio, capita di vederli avvinghiati a terra, rotolarsi sul tappeto, in tre, con il povero cane che abbaia ora all’uno ora all’altro, talvolta mettendoci del suo, mordicchiando qua e là una chiappa, tanto per dare un contributo. Diciamo che spesso in casa nostra regna il caos. E a nulla valgono i miei richiami all’ordine, i miei castighi, l’angolino della punizione e similari. 

Talvolta accadono degli incidenti.

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