24 luglio 2024

“Prima regola: non si…”

“Modde!”

“Bravo, non si morde. Seconda regola: non si lanciano gli…”

“Ottetti!”

“Gli oggetti. Giusto. Terzo: non si beve…”

“Canna”

“Non si beve a canna! Infine si fa il…”

“Bavo!”

“E si obbedisce alla…”

“Nonna!”

Ripetiamo il mantra almeno dieci volte al giorno nell’ultima settimana.

Siamo in procinto di partire per una meta lontana. Lui starà a casa con la nonna, che però lo porterà al mare. E io sono preoccupata.

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23 giugno 2024

Sabato lavorativo: mi tocca il turno di dodici ore e poi domenica farò la notte. La mattina è stata piuttosto indolore, anche se concitata. Nè morti nè feriti, ma il solito ritmo indefesso, la corsa contro il tempo per finire il giro visite in reparto, senza mangiare, bere o fare pipì. Anche perché alle 13.30 si deve scappare in dialisi, situata 500 m più in là, a dare il cambio al collega che fa un turno complementare. Sono riuscita a prendere un tramezzino al Discount interno, una Fanta, dei biscotti, generi di conforto. Prendo consegne, saluto e mi siedo alla scrivania, divorando il mio pasto il più velocemente possibile, sperando di non essere interrotta. Giro visite in dialisi, qualche problema da risolvere, ma anche qua, per fortuna, oggi sembra tutto quieto. Recupero delle cartelle cliniche sulle quali lavorare. Esami da controllare, pazienti da convocare, mail alle quali rispondere. Tutto sommato, si sta rivelando una giornata piacevole. Qualche volta arrivano messaggi sulla chat familiare: oggi c’è l’ultimo torneo dell’anno, in casa. Fabio è andato a vedere Leo. Con lui ci sono anche lo zio e il nonno. Mi mandano foto, qualche video. Un goal mancato, una rovesciata. Mi spiace non essere là con loro.

Dopo un paio d’ore, inaspettatamente, mi suona il telefono. All’altro capo c’è il team manager della squadra di calcio di Leo. Avranno vinto. Mi vorrà chiedere se, come al solito in queste circostanze, Leo possa andare insieme alla squadra a mangiare un gelato. Probabilmente Fabio è andato a casa e hanno bisogno del mio permesso. 

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16 maggio 2024

Questa cosa che Santiago vuole vedere le mucche e io non riesco a portarcelo deve finire.

Me lo continuo a ripetere, mentre spingo la bici su per la salita dei box, il bimbo sul seggiolino posteriore che continua ad esortarmi a salire in sella. E io che gli spiego che, se vogliamo arrivare in cima, devo spingere la bici a piedi.

La usava Fabio questa bici con il seggiolino posteriore, tanti anni fa, quando Pietro e Leo erano piccoli. Io stavo sulla mia Graziella con il seggiolino anteriore, sul manubrio. Non sono abituata ad avere tutto questo peso sulla ruota di dietro. Me ne accorgo non appena comincio a pedalare e Santiago si sbilancia a destra e a sinistra, indicando ora un camion rosso ora il treno. Ne ho la riprova quando, davanti al marciapiede sono costretta a fermarmi: appoggio un piede a terra e, con tutte le mie forze (ancora abituata ad avere il peso sul davanti) tento di sollevare la ruota anteriore per farle superare il gradino. Come quando sollevi il contenitore del latte vuoto, che però credi sia pieno e il braccio si muove fin sopra la testa per quanto avevi calibrato male le forze (e spesso il poco latte sul fondo va a schizzare il soffitto). Perdo il controllo della bici che per poco non si ribalta completamente. Spettacolo grottesco, immagino: una madre che impenna con il pargolo che quasi tocca a terra, tutto reclino su un fianco che grida: “Mamma! Mamma!”. Faccio uno sforzo sovrumano, in bilico sul piede sinistro, riesco a far tornare a terra la bici. Con un secondo tentativo, comunque non senza difficoltà, riesco finalmente a superare l’ostacolo. Vorrei spaccare con una pietra il finestrino del tizio che ha parcheggiato davanti alla discesina del marciapiede, obbligandomi a quella manovra, ma mi contengo, salgo nuovamente sui pedali e riparto. Sto sudando, la scarica di adrenalina che mi ha percorso mentre a pochi metri da casa stavo per far cadere rovinosamente mio figlio dalla bici mi ha surriscaldato.

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9 maggio 2024

Il continuo viaggiare per lavoro di Fabio mi ha costretta a turni ospedalieri “scomodi”: chiedendo di non effettuare guardie nei giorni in cui mio marito era assente, mi è toccato prestare servizio su guardie di 12 ore consecutive molto ravvicinate tra loro. Per contro, è capitato più spesso di trascorrere ore e ore da sola con i ragazzi e, in particolare, con Santiago. 

Confesso che questo suo non comunicare verbalmente mi stava mettendo un po’ alla prova. Il bambino capisce tutto, sa spiegare tutto a modo suo, ma non elabora frasi complete: mi sono resa conto che mi stavo abituando con una certa rassegnazione a questo stato di cose. Come se, da “brava” madre, accettassi questo terzo figlio così com’è, non capace di esprimersi correttamente con le parole, soffrendo però tacitamente per tutti quegli scambi mancati, i  mancati ritorni, l’incapacità mia di comprendere effettivamente i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue richieste. Come se questa condizione avesse dovuto protrarsi per sempre. 

E poi, piano piano, ho cominciato a vedere minuscoli, ma progressivi, miglioramenti. 

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18 marzo 2024

Il momento del bagnetto è sempre stato un fondamentale rituale di passaggio per i miei figli. 

Balle.

Il bagnetto non ha nulla a che vedere con la pulizia. Non ha niente a che spartire con l’approccio all’acquaticità. Non riguarda le fasi di crescita. 

Il bagnetto in realtà è un escamotage diabolico per liberarsi temporaneamente del bambino. 

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26 febbraio 2024

Santiago è migliorato, sotto certi aspetti. Non morde più i suoi fratelli quando si arrabbia. Li picchia solo in risposta a qualche provocazione subita. Infatti, nonostante abbiano 12 e (quasi) 15 anni, spesso lo trattano come un loro pari, gli strappano giochi di mano, non gli fanno assaggiare la merendina perché la stanno mangiando loro, lo spintonano se si mette davanti alla TV. Insomma, se da un certo punto di vista posso dirmi contenta dell’integrazione raggiunta, questo tuttavia significa dover spesso assistere a spettacoli piuttosto discutibili. Sì, perché quando parte il litigio, capita di vederli avvinghiati a terra, rotolarsi sul tappeto, in tre, con il povero cane che abbaia ora all’uno ora all’altro, talvolta mettendoci del suo, mordicchiando qua e là una chiappa, tanto per dare un contributo. Diciamo che spesso in casa nostra regna il caos. E a nulla valgono i miei richiami all’ordine, i miei castighi, l’angolino della punizione e similari. 

Talvolta accadono degli incidenti.

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9 febbraio 2024

I mesi sono volati via. Letteralmente. Il lavoro mi ha assorbito completamente e, una volta a casa, non era mai possibile dedicarmi al blog. Vuoi perché il PC, ubicato nella camera di SG, non era mai accessibile (o in utilizzo da parte dei figli grandi o inutilizzabile mentre Santiago dormiva), vuoi perché quando riuscivo ad impossessarmene era per preparare qualche presentazione di diapositive per convegni, congressi o lezioni di cui mi avevano incaricato in ospedale.

E così, mentre i giorni passavano e i mesi trascorrevano ineluttabili, Santiago Gabriele cresceva in statura, bellezza e sapienza senza che potessi imprimere indelebilmente su queste pagine i suoi mutamenti, le sue avventure, le sue scoperte. Ogni giorno mi dicevo “questo non potrà andare dimenticato” oppure “questa cosa va raccontata”. E immancabilmente, non rispettavo il mio proposito. 

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