“Santiago Gabriele è un bimbo meraviglioso”. Così dice mia mamma che le ho risposto al telefono quando è nato, mentre ancora stavo sulla barella in corridoio in attesa di un posto letto in reparto e lei mi domandava come fosse. Io non mi ricordo. Ma lo penso davvero.
Tra due giorni avrà compiuto un mese. Ed è già cambiato tantissimo. Massiccio, piazzato, solido. Volitivo, ma dolcissimo. Il viso tondo, gli occhi a mandorla (“Hai fatto un esquimese!” mi dicono), il triplo mento, le fossette. I primi sorrisi a tutta gengiva. Lo sguardo furbetto. Il busto pettoruto, la pancia rotonda, le cosciotte da maialino. Non piange, tra un sonno e l’altro principalmente spinge o grugnisce. Quando è felice sembra parli, fa dei versetti acuti che non saprei definire (“Uik!”), ogni tanto qualche risatina. Mentre ciuccia alterna una deglutizione a un “Mmmm” di piacere. Pietro dice che la nota che emette è il SOL, e non la cambia mai. Quando lo tiro su per il ruttino me lo appoggio al petto o, meglio, con la testa nell’incavo del mio collo. In questa posizione prende a respirare molto rapidamente, emettendo sempre il suo “Mmmm” di piacere in espirazione. Adoro il suo fiato tiepido sul collo, la sua pelle liscia sulla guancia. Mi piace inalare il suo respiro, che non ha odore, ma sa di vita.