Da dove partire…
Come sapete, Pietro ha avuto la diagnosi di scarlattina il 5 aprile. Nonostante l’antibiotico, ci ha messo un bel po’ a sfebbrarsi. E nonostante avesse fatto antibiotico fino al venerdì della settimana dopo, dopo qualche giorno (il martedì successivo) ha di nuovo avuto febbre. 38.4°C e poi sempre tra il 37.5°C e il 37.9°C. Al nido ci è andato praticamente tre giorni. Poi giovedì siamo partiti: la decisione è stata dura. Alla fine abbiamo pensato che l’aria di mare avrebbe giovato.
Il viaggio di andata è andato piuttosto bene: nanna fino a Livorno e poi svegli in cabina sul traghetto. Io mi sono bloccata la schiena appena arrivati in cabina. Come sapete ho due ernie lombari e ho fatto un movimento inaspettato dopo tre ore e mezza che ero ferma in macchina. Volevo morire. Non riuscivo a camminare. Scosse elettriche alle gambe e dolore fortissimo alla schiena. E’ durato tutta la vacanza e tuttora non sono a posto: il buongiorno si è visto subito dal mattino. Arrivati in Corsica ci siamo fatti altre due ore di auto da Bastia a Calvi. I bimbi sono stati ancora bravissimi. I giorni di vacanza non sono stati particolarmente soleggiati. Un giorno addirittura l’abbiamo trascorso chiusi in cinque nella casetta di 40 m2. Ogni tanto Pietro e la sua amichetta si menavano. Lui la chiamava “Papà” e lei si incazzava: “Non sono il papà, sono la bambina del mio papà!”. Così andavano avanti ore: “Papà” e lei: “Nonnina!” e si sfottevano a vicenda. Al mare una volta Pietro le ha tirato in testa tre volte il secchiello. Io mi sono infuriata e gli ho schiaffeggiato le manine (anche perché volevo dimostrare alla mia amica che lo sgridavo bene). Per poi sentirmi dire dalla mia amica che secondo lei non si insegna a non dare le botte dando gli schiaffi. Son rimasta male perché forse in quella circostanza aveva ragione. Anche in spiaggia c’era sempre un po’ di vento. Solo due giorni ha fatto caldo e per metà giornata.
Dopo qualche giorno, Pietro è impazzito. Premesso che a causa della febbriciattola con la quale è partito prendeva praticamente una Tachi tutti i giorni, dalla terza notte in poi ha cominciato a svegliarsi come un orologio svizzero alle 4.30. Si svegliava e urlava. Ma come un pazzo. Come un sonnambulo. Non ti vedeva. Tu gli parlavi e lui non sentiva. Poi a tratti chiudeva gli occhi per dormire e si tirava in piedi urlando. Urla acute, stridule. In quelle occasioni provavamo di tutto: dal cambio del patello, alla misurazione delle febbre (che era sempre tra 37.9°C e 38.4°C e allora partiva la Tachi notturna), al giro “di là” in soggiorno (peccato che sul soppalco dormiva la mia amica con la bimba e quindi lui svegliava irrimediabilmente tutti), dal giro fuori dalla porta di casa, avvolto nella coperta, per mostrargli che era buio e che i bimbi fanno la nanna. Poi ha cominciato a urlare “casa!” durante i risvegli, chiaramente manifestando il desiderio di tornale a casa e a “scola”. In una di queste crisi, addirittura si è poi addormentato nel lettone tra di noi (cosa mai successa in tutta la sua vita, come noto lui non ama stare nel lettone).