22 dicembre 2022

Santiago ha preso il suo primo aereo. 

I suoi primi due aerei per l’esattezza. 

Perché ovviamente la gita a Napoli è stata una toccata e fuga e quindi siamo partiti la domenica e tornati il lunedì.

In aeroporto si è comportato bene. Peccato che abbiano voluto controllare il passeggino, cosa che ci ha obbligati a prenderlo in braccio, svegliandolo (dormiva come un sasso).

La corsia prioritaria per le famiglie si è rivelata molto comoda, così come il mio passeggino pieghevole, che ci hanno consentito di tenere in cabina. 

Legato alla mia cintura, in verità si è poi spostato dalle mie ginocchia a quelle di Fabio per tutto il volo. Troppo piccolo per capire che stesse volando, deve aver però avvertito l’accelerazione al momento del decollo, perché mi ha guardato per un attimo con aria interrogativa, prima di riprendere con le sue attività.

Infatti non è stato fermo un istante.

In piedi sulle mie gambe, ha estratto subito il sacchettino per il vomito e l’ha fatto in mille pezzi. Sfoderato dalla poltrona il cartoncino esplicativo delle manovre di emergenza, ha iniziato a sventolarlo a destra e a manca. Fino a che non ha individuato la pezza protettiva del poggiatesta davanti, fissata con un velcro, il cui suono evidentemente gli rendeva impossibile resistere alla tentazione di strapparlo e appiccicarlo, strapparlo e appiccicarlo, straparlo e lanciarlo via, spesso addosso al mio povero vicino di poltrona.

“Scusi”

“Ma si figuri”

“Scusi ancora”

“Ma ci mancherebbe” 

Insomma, non ha mai pianto, ma evitare che molestasse gli altri passeggeri è stata una impresa molto dura.

Arrivati a Napoli ci siamo fatti accompagnare in taxi fino all’albergo. Tragitto tranquillo, camera molto bella. Dopo una breve passeggiata sul  lungomare, ho acquistato qualche omogeneizzato e quattro cartoni di latte in modo da coprire le successive 24 ore. Sono venuti a prenderci i nostri amici per portarci in pizzeria. SG è crollato in auto, la strada è stata più lunga di quanto mi aspettassi. Siamo stati ospiti al locale “Pepe in Grani”, gestito da un famoso chef che ha fatto della pizza un piccolo capolavoro. Goguito si è svegliato, ovviamente, non appena abbiamo messo le gambe sotto il tavolo. Ha divorato l’omogeneizzato freddo a secco (non avevo trovato pappe complete pronte al mini market) e, dopo aver manifestato chiaramente di non essere sazio, si è lanciato insieme a noi ad assaggiare il menu degustazione composto da sei tranci di pizze diverse, seguiti da pizza dolce finale. Fintanto che è stato in braccio a Fabio, ho  potuto godermi la cena dal primo al quarto trancio. Dopo di che è stato molto complesso evitare che, stufo, andasse ad importunare gli altri avventori. La nostra amica gli ha fatto fare un giretto in braccio e sono stati gli unici istanti nei quali ci siamo rilassati insieme.

Il rientro è stato tranquillo, la notte non del tutto. Santiago non  è abituato a dormire in stanza con noi. E noi a dormire con lui. Come previsto, ha cacciato un paio di urla strazianti facendomi sussultare nel sonno. Come previsto, mi sono alzata a rabboccare di latte il biberon due volte. Al mattino è stato poco propenso alla colazione in albergo (troppa pizza la sera prima?) e anche quando siamo andati  a bere un caffè nei pressi di Castel dell’Ovo non sembrava molto sereno.

Quando sono venuti a prenderci per condurci al ristorante al quale eravamo invitati per festeggiare un collega di mio marito (vera ragione del viaggio a Napoli), era mezzogiorno passato. Fino a quel momento ci siamo rilassati ai giardinetti e Goguito è stato spinto sull’altalena per un’ora almeno. Gli piace molto, non ce l’avevo mai portato, a differenza degli altri miei figli. Sull’altalena si è pure mangiato il secondo omogeneizzato di tacchino freddo al cucchiaio e pare averlo gradito. Come al solito ha dormito per strada in modo che, una volta arrivati nei pressi di Bacoli, fosse già bello carico.

L’invito era per le ore 14.00, ma prima delle 15.30 non ci siamo seduti al tavolo. Inutile dire che, per quell’ora, ero sfinita. Passeggia di qua, cammina di là, gioca a palla, vai a vedere i pescatori, mangiamo la pastina, guardiamo i pesciolini. Per fortuna, appena arrivato l’antipasto, un signore si è offerto di tenerlo in braccio. Sarebbe più corretto dire che SG, che si trovava in braccio a me, si è quasi lanciato tra le braccia dello sconosciuto, un tale che passava di lì con la moglie e i due figli.

“Me lo lasci pure, se deve mangiare!”

E così ho fatto. Non è la prima volta che Santiago manifesta piacere nel farsi prendere da uomini aitanti, dopo il papà, il nonno e i nostri amici maschi. Disdegna spesso e volentieri le nonne e le amiche della mamma e, in questo caso, pure la mamma stessa, che però aveva così fame che non si è offesa per nulla. 

Il cibo era buonissimo. Ripreso SG al momento dei primi, abbiamo dovuto accomiatarci all’arrivo dei secondi (il volo sarebbe stato alle 19.00 e il “pranzo” aveva più l’aria di essere un ricevimento nuziale).

In aeroporto sono stata molto in dubbio su cosa fare con l’ultimo omogeneizzato e con il cartone di latte avanzato. Butto?

“Ma no!” mi hanno risposto “Passa tutto sul nastro e vediamo!” E infatti, non ci hanno fermato.

“Hai visto? Non è successo niente!”

“Sì, hai ragione!”

Conversavamo camminando per i negozi del duty free.

“Guarda!” indicando un cartello: “Si mettono all’asta i beni ritrovati in aeroporto! Pazzesco!”

Ed è lì che mi sono resa conto di avere anche io dimenticato il mio “bene”.

“Fabio! Il bambino!”

Ci siamo guardati e abbiamo realizzato che, questa volta dormiente nel passeggino perché non ce l’hanno fatto prendere in braccio, abbiamo lasciato il bambino al nastro trasportatore.

Anche quest’anno credo di aver vinto il premio madre degenere.

Il volo di ritorno è stato impegnativo quanto quello dell’andata. Un paio di signore sedute sui sedili dietro hanno cercato di intrattenere il pargolo, con il risultato che sì, non ha mai pianto, ma io mi sono spaccata schiena e braccia nello sforzo di impedire che si catapultasse nella fila posteriore.

Tutto sommato, riassumendo, non ho fatto altro che mangiare e tenere in braccio SG. 

Ma anche questa volta ne siamo usciti vivi, anche se da tre giorni ho un torcicollo pazzesco…

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