Santiago cresce. E impara cose nuove. Gattona a più non posso, ma riesce anche a mettersi in piedi e a restare per qualche secondo in posizione eretta, soprattutto se con le mani nel frattempo lavora su qualcosa. Poi, quando si accorge di essere senza appoggi, ti guarda stupito (e forse anche lievemente spaventato) e si lascia cadere sul sedere imbottito dal patello.
Se lo tieni per mano cammina, da un paio di giorni basta anche solo una manina. Mette giù i piedi tutti storti e dopo qualche passo si lascia molle come un fico, ma è già qualcosa. Cammina anche appoggiandosi alle pareti, ai mobili, al divano, alle sedie: quando il sostegno viene meno, si butta giù.
Leonardo ha creato uno stratagemma per recintare il pargolo (in assenza di un box all’uopo). Disponendo il pouf rettangolare del divano a chiudere lo spazio tra la seduta principale e la chaise longue, ecco una piccola gabbietta di forma pressappoco rettangolare, nella quale SG può stare in piedi, giocare con i suoi giocattoli e strappare i peli al cane. Se un altro membro della famiglia si trova sul divano (cane compreso), il bimbo è capace di rimanere nel recinto anche un’oretta.
A proposito di cane, il rapporto tra i due si modifica ogni giorno. Goguito tende a perseguitarlo, lo rincorre, gli strappa i peli e i baffi, gli agguanta la coda. In pratica ama rompergli le palle. E ha una particolare predilezione per la sua pappa. Bisogna stare molto attenti perché, se ci si dimentica la ciotola a terra, ecco che Santiago, con sguardo satanico e sorriso sardonico, afferrata una crocchetta, se la porta alla bocca in attesa di una tua reazione. E lo stesso dicasi per la ciotola dell’acqua, spesso abbandonata volutamente nel suo cantuccio (perché, povero cane, se ha sete?). Santiago spesso si trova dal lato opposto del soggiorno. Sta giocando coi cubotti molli, nulla farebbe immaginare un pericolo imminente. Improvvisamente si ferma, si gira, ti guarda. Sorride. Ed è lì che devi iniziare a preoccuparti. L’atleta scatta, nel vero senso della parola, si dispone a quattro zampe e si invola in uno sprint inatteso verso la cucina. “La ciotolaaa!” qualcuno grida. Qualcun altro (io) parte all’inseguimento. E lì è una questione di centesimi di secondo. Se arriva prima lui è finita: acqua a terra dappertutto e bambino prono che, mentre con la bocca produce suoni di suzione nel tentativo di berla direttamente dal pavimento, muove braccia e gambe come per fare la forma dell’angelo nella neve. Se arrivi prima tu, te la cavi con qualche urla di stizza e solitamente, il tentativo vendicativo di aprire la pattumiera e infilarci le dita dentro.
Il cane, povero, reagisce come può a questi soprusi. Capita che ringhi e che tenti di mordere. Le prime volte mi spaventavo molto, poi ho capito che è una finta: Santiago ride come un matto, il cane non lo morde davvero. Io lo sgrido sempre, ma sgrido anche Santiago. Prendo in braccio il cane e lo faccio accarezzare tenendo la manina e intervenendo quando tenta di serrare le dita intorno ad una ciocca di peli. Il cane mi guarda con aria lugubre. “Bravo” gli dico “Bravo”. E a Santiago: “Gentile, gentile”. Chissà se si abitueranno l’uno all’altro prima o poi.
L’altra emozionante scoperta di SG è la pallina da tennis. Sei di parte, direte. E invece no. Intendiamoci: adora anche il pallone da calcio. Se lo sostieni per le braccia calcia pure bene, di collo pieno, e non liscia mai un colpo. Ma con la pallina è finalmente possibile giocare insieme a lui. Seduti, uno di fronte all’altro, ci si lancia la pallina. E’ incredibile come sia coordinato nel lancio: riesce a indirizzarla dove vuole e per me è molto gratificante vedere che quando riceve la mia, me la rimanda. Ha dei tempi di reazione un po’ più rallentati quando gli arriva. A volte la pallina gli è già rimbalzata addosso e lui ancora sta guardando la mia mano, ma appena se ne accorge la prende e me la rilancia. Destro o mancino non è chiaro: afferra tutto con entrambe la mani, calcia con entrambi i piedi, lancia con entrambe le braccia. Avevo avuto l’impressione fosse mancino, ma forse mi sbagliavo.
Anche il momento della pappa si sta modificando. Spesso si rifiuta di mangiare se non gli viene messo in mano (destra o sinistra, indifferente) un suo personale cucchiaio. A quel punto puoi imboccarlo, ma ogni tanto deve poter pucciare la punta del suo cucchiaio nella pappa per portarlo poi alla bocca. E come è contento di farlo!
Infine: gli ho comprato le scarpine. Sono in verità più delle babbucce per stare in casa che delle vere e proprie scarpe. Dapprima gli ho fatto provare un paio di scarpe alte sopra la caviglia, ma ci ho messo mezzora per infilargliele e ho pensato fosse poco pratico. Quindi ho acquistato delle scarpine basse, con lo strappo, che si indossano in dieci secondi. Non avevo considerato che, così facilmente come si indossano, si possono sfilare. Ed ecco che SG, nel passeggino in movimento, sfoggia le sue meravigliose scarpine a quadretti bianchi, rossi e blu. Ed ecco che SG, come il passeggino si ferma per più di cinque secondi, ha già lanciato la scarpina destra a terra e, mentre si sfila la calza omolaterale, riesce pure a sgranocchiare la suola della scarpina sinistra. Però sembra aver capito la regola che senza scarpine non si esce. L’ho inventata per abituarlo all’idea. Al momento però le uniche scarpe che sembra volersi infilare sono le mie quando trova la scarpiera socchiusa…