E siccome a gufarmela sono bravissima, non c’è da stupirsi se, non ancora giunti a destinazione, abbiamo dovuto fare una sosta forzata a 100 Km dal confine. Diceva mio marito: “Che meraviglia, non c’è traffico. E che bel cielo azzurro!”. Cantava Vasco: “Una splendida giornata” alla radio. E in quel momento abbiamo visto schizzare la lancetta della temperatura fuori scala, un attimo dopo che si fermasse di botto l’aria condizionata.
La scelta dell’auto con cui andare in ferie era caduta sulla mia per motivi di spazio, pur consapevoli che avrebbe potuto essere un terno al lotto. Si rompe qualcosa ogni tot mesi e tutte le volte ci diciamo che è l’ultima che la facciamo aggiustare. Ma alla fine ci rendiamo conto che, al momento, non ci sarebbe possibile sostituirla e quindi andiamo avanti in questo modo. Usciti dall’autostrada, accostiamo e constatiamo che il livello di liquido refrigerante è sotto lo zero. Rabbocchiamo con dell’acqua e, scesa la temperatura a valori accettabili, ripartiamo lentamente. Dopo poco però il motore ci molla e, incrociando le dita e lasciando scorrere le ruote in discesa, ci ritroviamo in panne esattamente davanti ad un’autofficina. Suoniamo disperatamente il campanello (è domenica!) e per fortuna un gentile signore ci fa lasciare la macchina dentro il cancello, promettendo di darle un occhio il giorno dopo. E precisando che: “Se il motore ha mollato, la situazione sarà sicuramente molto grave!”.
Rinfrancati da queste sagge parole, ecco l’allegra comitiva composta da padre, madre, Pietro, Leo, Goga e cane camminare carica di bagagli sotto la canicola estiva verso un piccolo market dotato di aria condizionata, dove cerchiamo di schiarirci le idee. Per fortuna riusciamo a contattare alcune persone dirette alla nostra meta per la settimana tennistica e così una prima auto passa a raccattare Pietro dopo circa un’oretta, mentre una seconda automobile, che era però già giunta a destinazione, torna indietro e viene a recuperare noi quattro un paio d’ore più tardi, trovandoci ormai quasi a nostro agio seduti sul marciapiede del supermercato con valige, borsoni, passeggino e seggiolino.
SG ha fatto la sua merenda, la sua nanna e la sua cacca. E quindi alla fine, tutto bene, direi. Tranne quando, allontanatici un momento io e Fabio per fare delle telefonate, i ragazzi hanno riferito che una signora fosse passata a chiedere se potesse portare via il neonato. Per fortuna hanno risposto di no.
I giorni successivi, a parte l’esborso economico per la riparazione (radiatore e serbatoio olio al quale misteriosamente mancavano delle viti) e la rogna di dover andare a recuperare il veicolo quando pronto, sono stati piacevoli. Certo, una vacanza tennistica è comunque impegnativa: gli orari scaglionati hanno permesso a ciascun membro della famiglia di poter svolgere le proprie due ore quotidiane di allenamento senza sovrapposizioni, con il povero SG che veniva passato di mano in mano ad ogni cambio campo.
E’ stato prezioso anche l’aiuto degli altri amici che, chi tenendo il cane, chi spingendo la carrozzina, chi distraendo il bimbo, hanno permesso di tirare il fiato anche durante le uscite a cena comunitarie. L’ultimo giorno sono riuscita a portare Goga a fare il suo primo bagnetto al mare. Mi pare si sia divertito parecchio e, una volta fuori, non ha battuto ciglio nemmeno sotto la doccia gelata che gli ho fatto per risparmiare tempo evitando di dovergliela fare in albergo.
Per quanto riguarda il cibo mi sono arrangiata con i vasetti di pappa pronta. Inizialmente li portavo al ristorante dell’albergo e chiedevo di scaldarmeli, ma poi, resami conto che passavano anche dieci minuti prima che la signorina, sparita nei meandri della cucina, tornasse (dieci minuti nei quali il bambino urlava al tavolo), ho imparato a fare da sola a bagnomaria nell’acqua del lavandino della stanza e a farlo pranzare/cenare in separata sede, in modo da poter poi godermi il pranzo a buffet senza troppi imprevisti. Anche perché, come detto, le tempistiche erano molto strette. Stessa cosa per quanto riguarda il latte. Dopo i primi tristi tentativi di far scaldare il latte al bar la sera, ho imparato a farlo in stanza, riempire il thermos e suddividerlo nei biberon durante i vari risvegli notturni. Nel suo lettino da campeggio, il pargolo non pare essersi particolarmente scompensato. I fratelli grandi alloggiavano in altre stanze con amichetti e quindi, di fatto, Santiago sembrava un figlio unico.
Questo weekend abbiamo in programma una gita di due giorni fuori porta con amici. Non so cosa augurarmi, ma credo sia meglio stare zitta…