Santiago Gabriele dorme nella sua stanza. La stanza che, al momento dell’acquisto della nuova casa, avevamo soprannominato “la camera della bambina”, perché convinti avrebbe ospitato una femminuccia. La “camera della bambina” è gialla, è dotata di un letto singolo sormontato da un armadio a ponte, una libreria, una scrivania provvista di PC dal quale sto scrivendo in questo momento e un lettino da campeggio.
Il lettino classico non l’abbiamo più. L’avrò regalato? E chi si ricorda. Un’amica mi ha donato questo, che al momento svolge umilmente la sua funzione.
La “camera della bambina” di recente era stata presa d’assalto dal figlio maggiore, che aveva improvvisamente stabilito che fosse diventato grande e che quindi potesse abbandonare il letto a castello nella “camera dei ragazzi” per trasferirsi in un luogo più appartato. L’avevo avvisato che, a breve, SG avrebbe preso possesso della “camera della bambina”. E così è stato. Pietro ha detto che non si sarebbe spostato. Gli ho dato due notti di tempo. E così è stato. Anche se ammetto che un po’ mi dispiace.
Andando con ordine: il pargolo ormai viene allettato con pigiamino pulito, pannolino asciutto, biberon di latte tiepido e Orso Musicale della Chicco (oggetto che, anche se a prima vista chissà perché piuttosto inquietante, si è rivelato un regalo particolarmente utile, anche se ogni tanto mi domando se le luci psichedeliche emesse in sincronia con la nenia musicale ripetutamente riproposta non possano causare effetti allucinogeni all’infante). Dal momento dell’abbandono del pupo nel lettino al suo addormentamento solitamente trascorre il tempo di un biberon. Quando va male è perché, purtroppo, il pargolo ha imparato a rotolare e spesso si ritrova a pancia in giù, la tettarella sfuggita dalla bocca, le urla disperate legate all’incapacità di tornare nella posizione di partenza ed alla improvvisa interruzione del flusso di latte. In questi casi tocca tornare di là, ruotare il bambino, turargli la bocca con il biberon e sperare sia la volta buona.
A questo punto il buon Pietro va a letto e mi assicura che provvederà lui alle attenzioni notturne del fratello. In effetti, per ben due notti, il primo risveglio è stato gestito magistralmente con la rotazione del bimbo ed il posizionamento del ciuccio nell’apposita fessura. Il secondo risveglio però ha comportato rispettivamente la mia comparsa al suo capezzale e quella di Santiago al mio capezzolo. Il terzo risveglio è stato caratterizzato invece dalla comparsa ai piedi del mio letto di Pietro con il fratello in braccio: “Mamma, prendilo tu!” E così il bimbo ha trascorso l’ultima parte della notte nella sua vecchia cullina.
Ripetuto lo schema la notte successiva, il terzo giorno, come previsto, Pietro è tornato al letto a castello.
Santiago dorme ancora nella “camera della bambina”. Di notte non ho problemi a sentirlo, anche se si trova dal capo opposto del corridoio. Verso mattina però lo vado a prelevare perché, quando i ragazzi si alzano, si vestono e si preparano per andare a scuola fanno un baccano infernale e sono convinta che, se lo lasciassi lì, verrebbe svegliato.
Di recente però è accaduto un fatto insolito: il bimbo si è svegliato solo a mezzanotte e alle 3.00, è stato allattato e non si è più sentito fino alle 9.00. Durante il trambusto dei ragazzi io mi sono svegliata e ho teso l’orecchio. Non avendo udito alcun tipo di gemito o vagito ho pensato che forse fosse la volta buona. E così è stato. Non voglio cantar vittoria troppo presto, ma mi pare che la lontananza dalla nostra camera giovi al sonno del pupo. Forse perché di notte, seppur inconsapevolmente, siamo fonte di suoni e rumori sinistri. Forse anche perché quando mio marito si rigira nel letto tremano pure le fondamenta. Forse solo perché il bimbo sente la mamma vicina e, quando si sveglia anche se per pochi attimi, ne avverte la presenza.
Fatto sta che in camera nostra si svegliava molto spesso. Nella “camera della bambina” molto meno. O forse si sveglia, lancia qualche gemito e si riaddormenta prima che io possa intervenire.
Quale che sia la verità, attendo fiduciosa la prima notte senza interruzioni.
Perché lo so: prima o poi accadrà.