E’ come cambiarlo di giorno. O no?
Con l’esperienza si impara a farsi furbe, ovviamente quando si può…
Nel primo mese non c’è scampo: solitamente il neonato come mangia, fa la cacca. A volte anche due volte di fila (io la chiamo la “doppietta”). E questo accade anche di notte. E la cacca, si sa, sarebbe meglio sempre lavarla con l’acqua corrente. Tuttavia, di notte qualche eccezione si può fare. E vi spiego il perché.
Di notte, soprattutto se vieni da una lunga gravidanza e da un parto complicato, hai i riflessi di un bradipo, la lucidità di un mollusco e la prontezza di un ghiro. Lui si sveglia, piange. E tu ti chiedi cosa sia questo strano rumore, al quale non eri abituata fino a pochi giorni prima. Poi realizzi che tu, proprio tu, sei diventata mamma. E che quel minuscolo fagottino che riesce ad emettere suoni così incredibilmente potenti è tuo figlio. Ha fatto la cacca e oltretutto ha fame.
Allattalo, per prima cosa. E, solo se vedi che il suo nervosismo cresce e non si attacca bene o rifiuta il biberon, modifica la strategia optando prima per il cambio di pannolino. Solitamente infatti allattarlo lo calmerà e sarà più semplice cambiarlo dopo. Inoltre, dettaglio non irrisorio, spesso la poppata lo stimolerà a scaricarsi nuovamente e con un solo cambio pannolino avrai risolto (due al prezzo di uno!). Se invece il pannolino sporco lo irrita, magari ha il culetto rosso da qualche giorno e la cacca acida gli dà bruciore, cambialo subito e metti in conto un secondo cambio nel giro di qualche minuto…
Di notte fare molta strada per raggiungere il fasciatoio non è una buona idea. Per me, almeno non lo è. Perché i risvegli possono essere veramente tanti e nel dormiveglia si rischia di inciampare o di andare a sbattere contro gli stipiti delle porte. Organizzazione, prima di tutto! Sono giunta alla conclusione che la cosa migliore sia approntare una sorta di “angolo del cambio”, possibilmente in stanza. Io uso una sedia, sulla quale appoggio una piccola pila di pannolini, delle salviettine, una traversa assorbente, un asciugamano, un bodino e un tutino puliti. In questo modo, dopo la poppata, posso direttamente cambiare il bambino sul letto. Non è semplicissimo, l’altezza del letto non è quella del fasciatoio e, se avete letto i miei consigli sul cambio del pannolino, probabilmente non potrete controllare perfettamente tutte le variabili. Però questa tecnica garantisce diversi vantaggi.
Se il bambino ha fatto solo la pipì, potete dare una veloce passata di salviettina, sostituire il patello e basta.
Se il bambino ha fatto poca cacca, nessuno vi dirà che siete degeneri se per la pulizia del culetto sceglierete ancora una volta di usare una o due salviettine umidificate anziché l’acqua corrente.
Se il bambino ha fatto un litro di cacca liquida, beh, in questo caso sarete costrette a portarlo fino in bagno.
Perché optare per la salviettina il più possibile? Sembrerà assurdo, ma lavare così tante volte il sedere del neonato, giorno e notte, fino a dodici e più volte al giorno, non è detto che sia un bene. Me ne sono resa conto quando, oltre al culetto rosso e screpolato, ho notato anche il palmo della mia mano destra rosso e screpolato, la mano che uso per lavarlo. Rimuovere il film lipidico protettivo della cute può infatti portare ad irritazioni. E ogni tanto, usare le salviettine anziché lavare può far bene. E quindi perché non farlo di notte, quando il nostro stato di coscienza rasenta lo zero e il nostro unico desiderio è poter tornare a letto a riposare almeno per un’altra ora? La seconda ragione è che la povera creatura, posta sotto il getto dell’acqua, tenderà a svegliarsi in maniera diciamo… definitiva, con il rischio di ritrovarvi alle 2.00 di notte con un bambino pulito e satollo che gorgheggia al plenilunio. E in tal caso potete pure scordarvi di tornare a dormire.
La salviettina deve però essere delicata, possibilmente poco saponata, ipoallergenica e, non meno importante per quanto mi riguarda, con un gradevole profumo. Mi sono trovata bene con quelle della Mustela, ma anche le salviettine del Bennet non scherzano.
Un altro suggerimento utile è di vestire il neonato con i tutini più comodi che avete, lasciando perdere per una volta il gusto estetico. Sconsiglio quelli con abbottonamenti multipli. Vanno bene quelli con i bottoncini nell’interno coscia, a patto che siano in numero ragionevole (a volte ne mettono tantissimi). Quelli che preferisco però sono di due tipi: o il tutino con la cerniera a lampo, che parte dal collo fino al piede, o quelli con la chiusura posteriore. Con i primi aprire e chiudere è un attimo: bisogna fare attenzione però a non pinzare la pelle del bimbo durante la procedura e per questo consiglio sempre di interporre il proprio dito tra la zip e la cute del neonato mentre si scorre la cerniera in chiusura, in modo da creare un piccolo spazio di sicurezza. Lo svantaggio di questi tutini è che, una volta aperti, vanno tirati su sul retro del bambino per poter sfilare il pannolino e talvolta questo li rende più facilmente soggetti a sporcarsi. Il tutino con chiusura posteriore è fantastico perché già mentre allatti puoi sbottonare i tre clic clac sul culetto. Finito di allattare e deposto il pargolo sul letto, basterà far scivolare il tutino sotto il sederino e, tirando per i piedini, vedremo sgusciare fuori la metà inferiore del bimbo, con il vantaggio addizionale di avere il tutino ripiegato sulla pancia, a minor rischio inzaccheramento. Lo svantaggio è che per chi è alle prime armi può risultare difficile riposizionare i piedini all’interno del tutino: spesso bisogna flettere molto le cosce sulla pancia per riuscire a inserire le gambe negli appositi fori. Ma una volta centrato l’obiettivo, lasciando la presa, ci ritroveremo il bimbo praticamente vestito, con solo i tre clic clac posteriori da chiudere, magari mentre lo prendiamo in braccio per riportarlo nel suo lettino.
Ho descritto i due tutini preferiti, ma esiste una terza opzione, molto allettante: le ghette. Al giorno d’oggi non sono più particolarmente pubblicizzate. Recentemente, avendo scoperto che di notte erano eccezionali, ho cercato di acquistarne un paio, ma non vengono vendute sfuse, almeno non le ho trovate in un Iperstore specializzato. Le ghette altro non sono che un paio di pantaloni, spesso di ciniglia, dotati di piedino. Capite quindi che, non esistendo bottoni, il cambio sia rapidissimo: prendo le punte dei piedini con le mani, tiro e… voilà, le gambe sono nude. Forse un po’ più difficile è rimetterle, ma anche qui, immaginando che siano una sorta di calzamaglia, basta arrotolare la gambina, infilare i piedini e tirare su la cintura. E allora perché non le ho mai usate prima? Beh, non le avevo. O meglio, il paio che avevo era largo e tendeva a cadere. Avendole provate di giorno mi ero stufata di vedere il bambino con le braghe calate. Di notte, anche se fossero un po’ larghe, non è un problema. Di fatto però, se le acquistate della giusta misura, con un elastico che tenga, ma non sia neppure troppo stretto, avrete un alleato sicuro per i cambi notturni.
Arrivati a questo punto si possono fare due cose: o si depone nuovamente il bambino nella culla oppure, cosa che vi consiglio, si offre ancora un po’ di tetta. La stessa, se ci pare abbia ciucciato un po’ svogliatamente, oppure l’altra, se vi sembrava fosse stato molto vorace prima del cambio. Se vorrà, popperà ancora un po’, fino a rilassarsi, altrimenti non ci proverà neppure. Ma un tentativo va fatto perché il mio motto è: “Se si fa una cosa, la si fa bene”: già che siete sveglie, se vincete la pigrizia del momento, potreste ricavarne un vantaggio dopo. Una mezz’ora in più di sonno non va sottovalutata. Mai. E questa è la ragione per cui l’ultimo atto da effettuare prima della definitiva orizzontalizzazione del pargolo nel suo lettino è il ruttino. Almeno un tentativo di ruttino. I miei figli sono sempre stati maestri del rigurgito a getto. Sapevo che se non gli avessi fatto fare il loro ruttino, seguito dal rigurgito sulla spalla, appena sdraiati avrebbero iniziato a lamentarsi, tenendomi sveglia nella migliore delle ipotesi e obbligandomi invece a cambiare tutte le lenzuola della culla nella peggiore. Per cui, anche se le palpebre vi si chiudono, anche se mentre ciucciava per la seconda e ultima tranche vi siete riaddormentate e avete ripreso il sogno che stavate facendo prima del risveglio del neonato (giuro che a me succede spessissimo), anche se vi cade la testa come quando andavate a scuola e c’era quel noiosissimo professore che parlava sempre con lo stesso tono di voce, anche se l’istinto sarebbe di chiudere baracca e burattini e rimettere il bimbo nel lettino così com’è… un tentativo di ruttino fatelo! Poi magari si sveglierà di nuovo e dovrete ripartire daccapo. Ma resto del parere che, oltre ad essere un dovere nei suoi confronti, spesso sia anche vantaggioso per voi.
Solitamente di notte queste operazioni richiedono dai trenta ai quarantacinque minuti, in base al fatto che tutto fili liscio (risveglio, poppata, cambio, poppatina, rutto, orizzontalizzazione) o che tutto vada a scatafascio (risveglio, poppata mal riuscita, isteria, cambio, cacca, nuovo cambio, poppata, cacca, terzo cambio, rutto, rigurgito, pianto, ciucciatina di consolazione, orizzontalizzazione).
Non fatevi scoraggiare! Il numero dei risvegli si ridurrà progressivamente e, prima o poi, riuscirete a dormire anche sei/sette ore consecutive!