30 settembre 2011

E’ proprio vero, ogni tanto pensiamo che siano grandi, ma alla fine hanno meno di due anni e mezzo!

Esordisco col dirvi che (per unirmi al gruppo di quelle che si auto-gufano) da lunedì, non si sa come, non si sa perché, ma la notte va benissimo. E non parlo solo dell’addormentamento, parlo proprio della notte.

Lunedì mi sono sdraiata io accanto a lui sul “letto gande di Petro”. In cinque minuti dormiva e, avendo la sponda, non ho dovuto travasarlo: ha tirato mattino e anzi, ho dovuto svegliarlo. A parte le mie pipì (che mi hanno quindi comunque costretto ad alzarmi più volte), non ricordavo da mesi un sonno così bello!

I giorni successivi è andato più o meno ugualmente bene: una notte s’è alzato ed è venuto in camera nostra con la copertina in mano e il dito in bocca. Ha acceso la luce (facendoci venire un infarto) e mi ha detto di andare di là con lui. Io gli ho detto che la mamma dorme nel “letto gande di papà” e lui allora mi ha chiesto di tornare nel suo piccolo. L’ho messo lì ed ha ripreso a dormire fino a mattino. Ieri per esempio ha voluto da subito dormire nel piccolo. Dopo le preghierine l’ho lasciato lì come ai cari, bei, vecchi tempi e nel giro di due minuti, mentre guardavo “Star Academy”, s’è addormentato e ha tirato mattino (svegliandosi solo una volta con sogno agitato alle 2.00 e poi alle 7.00 stamattina per fare pipì!).

Lo so che stanotte mi farà penare, ma ho aspettato qualche giorno apposta a dirvelo, per godermeli!

Stamattina è stato difficile lasciarlo dalla nonna. Ho fatto l’errore di dirgli che oggi è l’ultimo giorno di lavoro e che d’ora in poi noi saremo sempre insieme. Lui, non so se non ha capito, o se ha capito che comunque questo implicava un grande cambiamento, fatto sta che da mia suocera prima non voleva darmi il bacio. Poi io ho finto di uscire e l’ho sentito piangere. Ho riaperto subito la porta e ci siamo abbracciati e baciati. Ma da quel momento, non ha più voluto lasciarmi. Voleva stare in braccio e son venuta via che lui urlava: “Mammaaaaaaaa” a squarciagola mentre mia suocera lo teneva (peggio di qualsiasi altra volta, inserimenti compresi!).

La vicenda semino s’è conclusa con ulteriore studio tramite fibroscopia: questa volta ero sola a tenerlo con un’infermiera, ma la dottoressa è stata velocissima, un breve controllo e via. Nessuna traccia del seme che, a questo punto, sembra davvero essere stato ingerito (nessun alberello nel nasino!).

Poi dovevo aggiornarvi su Fabio. Ha vinto il concorso di ricercatore: anche io posso dire di avere un marito universitario (in realtà non è Prof., ma è il primo step verso una carriera di questo tipo). Questo per la verità implica tante cose. Innanzitutto che, nonostante sia assunto come ricercatore e allo stesso tempo medico ospedaliero (e quindi abbia, se va bene, perché è tutto ancora da confermare, una giunta di stipendio al miserrimo stipendio di ricercatore), la somma totale del suo stipendio mensile sia inferiore a quanto prende ora come dipendente incaricato in ospedale.

Inoltre che tornerà molto probabilmente a lavorare nel nostro ospedale e, udite udite, a occuparsi di patologia renale (praticamente il concorso è stato bandito per affiancare un nefrologo che attualmente lavora in Anatomia Patologica ad un vero Patologo), disciplina di cui però lui non si è mai interessato, ma che ha deciso di affrontare nella speranza di avere più libertà negli ambiti che gli interessano veramente (citologia tiroidea ed emolinfopatologia).

Il problema è che la comunicazione ufficiale non è ancora pervenuta, l’abbiamo letto noi sul sito dell’Università. E per qualche giorno è sembrato anche che si fosse messo in mezzo il capo dipartimento dell’attuale ospedale che non voleva lasciarlo andare via. Insomma, è bello essere desiderati da tutti, ma anche stressante, nel momento in cui non si sa dove andare a parare (e lui deve anche dare disdetta dal posto attuale con un mese di preavviso). Il vantaggio enorme di questo posto è che, se riconfermato per tre anni di fila, si traduce in un posto a tempo indeterminato. Inoltre lui potrebbe occuparsi anche di ricerca e di didattica (cosa che ama fare).

Mi fa ridere perché da quando sono entrata in specialità non riusciamo mai a lavorare insieme. All’inizio era nell’altro ospedale come specializzando, poi è tornato di qua mentre io ero a casa in maternità, poi è tornato di là e ora tornerà di qua che io sarò di nuovo in maternità! 

A proposito di maternità.

Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro. Fino ad oggi non l’ho vissuta con grande pathos. L’altra volta ero tutta emozionata, invece stavolta no. Anche perché in questi ultimi giorni sono successe un bel po’ di cose (il congresso, un altro lavoro in cui ci sono io ma che presenterà a novembre una mia collega, un litigio fra colleghe, una discussione con il mio tutor, novità in tema di spostamenti di mansioni degli altri specializzandi, una serie di scazzi burocratici relativi alle scadenze del mio corso che, anche indipendentemente dal fatto che sia stata o no in maternità, sono tutte sbagliate) che mi hanno “edulcorato” il concetto di assenza: sì vado via, ma mica per tanto tempo e poi starò in contatto continuo etc.

La realtà è che ora, mentre vi scrivo, sono emozionata. Sette mesi di assenza sono praticamente il tempo di un’altra gravidanza! E poi cosa mi aspetterà in questo mese? Da un lato non vedo l’ora di stare con Pietro tutti i giorni (ho comprato le formine per fare i biscotti!). Da un lato sono un po’ terrorizzata dall’idea di riempire la giornata e di riempirla col pancione.

Ho già detto spudoratamente a mia suocera che comunque io avrò piacere a vederla anche quasi tutti i giorni, se lei vorrà. Per uscire insieme e per non troncare di netto le abitudini di Pietro che con lei andava al bar, dal panettiere, al mercato etc.

Poi penso a che bello dormire la mattina (e un paio di volte Pietro non si è svegliato nemmeno quando lo scuotevo alle 8.00), ma a volte, come oggi, appena ha sentito la porta di casa chiudersi dietro al papà (ore 7.15) ha urlato: “Mamma!” e non c’è stato verso.

Poi penso che andrò su da mia mamma, a disfare i sacchi con i vestitini piccoli per vedere cosa andrà bene al “Tellino” e cosa no.

Insomma, a tratti penso che ho un mucchio di cose belle da fare, a tratti penso che con la pancia e Pietro finirà che sarò stanchissima. E questo per quanto riguarda il primo mese. Perché poi penso agli altri sei. E lì da un lato non vedo l’ora che nasca, così io posso avere “la scusa” di dedicarmi a lui mentre Fabio sta dietro a Pietro che in questo momento è molto attivo come sapete (anche se so che non funzionerà e che il papà da solo non gli starà dietro, sempre considerando che torna a casa a fine giornata!). Dall’altro lato, quando realizzo che, da quel momento in poi, la nostra famiglia sarà composta da quattro persone e che in ogni momento del giorno e della notte le esigenze saranno doppie rispetto a quanto sperimentato finora, mi viene un tuffo al cuore. Come quando in ospedale guardavo la cullina di Pietro appena nato e dicevo: “Mio Dio, per tutta la vita questo è mio figlio!”

Infine, un po’ il pensiero del parto mi spaventa. Dopo la precedente esperienza ho detto che non avrei più fatto ricorso all’epidurale. Tanto il parto sarà più “soft”. E poi penso: e se così non fosse? Se stessi male male male… cosa farei?

Infine c’è (molto nascosta però, devo ammetterlo) l’ansia per il nuovo nato: gli faranno gli esami e scoprirò finalmente se devo stare in pensiero con controlli ed esami per anni e anni oppure se sarà stato tutto quanto solo un brutto incubo.

Insomma. Giornata emotivamente densa, questa. Poi week-end (e lì ancora non mi renderò conto).

Ma lunedì ne riparliamo…

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