Capitolo nido: siamo ormai agli sgoccioli, inserimento finito. Le mie considerazioni, se le avessi fatte una settimana fa, sarebbero state diverse: trovavo che tutta la manfrina dell’inserimento fosse troppo montata.
Primo giorno stai dentro un’ora, secondo giorno, un’altra ora, terzo giorno, altra ora. Quarto giorno, finalmente, il “distacco”, parola quanto mai altisonante per quei cavolo di dieci minuti passati fuori in macchina. Il quinto giorno si aumenta il tempo di distacco e così via… fino a che il bimbo te lo prendono direttamente dall’anticamera (dopo che gli hai messo le calzine antiscivolo).
A Pietro non gliene fregava un cavolo. Entrava, giocava, si divertiva. Non ha mai alzato un dito contro gli altri bimbi (intendo né tirate di capelli, né morsi, né pizzichi, tutte cose che con noi ogni tanto fa). Era socievole, rideva. Ed era bravissimo, mai stato così bravo. Prendeva le cartacce e, su richiesta, le buttava nel cestino. Giocava con la casetta, inseguiva le bolle. E io guardavo le educatrici con gli occhi pieni di orgoglio aspettandomi un: “Complimenti! Come è bravo!” Oppure, visto che non mi cagava di striscio e non diceva bè quando uscivo: “Caspita, che bello, non piange!” Invece loro stavano impassibili, sembrava che fosse dovuto che il bambino fosse così bravo. E mi dicevano: “Ok, mamma, oggi è andata bene, non ha pianto…ma magari domani lo farà!” Poi chiedevano: “Tutto bene ieri poi?” E se raccontavo, ridendo, che si era svegliato di notte per il bibe e che l’avevo trovato tutto pisciato o che quel giorno lì non aveva pranzato e che la nonna alla fine gli aveva dato il gelato, ascoltavano tutte serie… scuotevano la testa e dicevano: “Eh, alla fine è piccolo!” Insomma, attribuivano qualunque cosa a sto cavolo di inserimento, anche le cose normali, che succedono da mesi e mesi e che io, candidamente, raccontavo con sincerità. Tanto che poi mi sono rotta e se mi chiedevano come fosse andata il giorno prima dicevo: “Bene.” E morta lì. Non so lo scopo di questo, forse preparare le mamme. Ma secondo me, se una è appena appena più ansiosa, creano delle ansie inutili. Alla fine, comunque ce l’hanno fatta. Sì, perché sono due mattine che lo porto e lui, appena vede la Dalia, l’educatrice, indietreggia e mi si avvinghia alle gambe. Oggi ha cominciato a piangere, ma proprio coi singhiozzi. E io mi sono fermata fuori ad origliare. E lui non smetteva mai. E mi si stringeva il cuore. Poi devi mandar giù cose tipo: “Voleva stare in braccio a me… con i bimbi non ci voleva stare!” (e chi di voi ha visto Pietro al parco, sa che non è così), “Chiamava mamma!” (cosa questa che ha sempre fatto in direzione di parenti, oggetti, amici e capi di vestiario). In realtà ADESSO chiama davvero mamma, soprattutto quando viene portato via, ma lo ha cominciato a fare DOPO che loro già lo dicevano. Insomma… avranno anche avuto ragione loro, ma secondo me tutta sta storia dell’inserimento è controproducente. Io non ricordo di aver fatto inserimento alla scuola materna. E all’epoca non esisteva proprio. Ci creano dei bisogni, delle ansie, delle aspettative che non sono naturali. Scusate lo sfogo. Comunque oggi ha fatto il primo pranzo. Mi ha detto mia suocera che prima ha mangiato due bocconi di pasta e zucchine (gli fanno schifo le zucchine!) e poi ha voluto scendere dalla seggiola. Quando ha visto che i bimbi però mangiavano, è tornato su e ha mangiato il secondo, prosciutto. Domani si vedrà.
Per rispondere alle domandine:
– Io non sempre faccio primo e secondo. Anzi, fosse per mio marito, il primo non esisterebbe (e ogni tanto, come stasera che sono arrivata a casa tardi, mi incavolo perché lui gli dà il pollo di ieri, un Babybel, uno yogurt e un pezzo di focaccia come carboidrato). Ma io non sono da meno. Perché se faccio una pastasciutta, o la faccio in bianco, o ci metto un po’ di salsa o un omogeneizzato di verdure o i cubetti di cotto confezionati o la robiola o la ricotta. Poi, se avanza, la ripropongo la sera dopo. Come secondo (quando lo faccio, perché a volte gli do un formaggino, Leerdammer o Babybel) scotto in padella con un po’ d’olio o un micro spicchio di margarina una fettina di carne (ho introdotto la lonza perché al nido danno quella) o un mini hamburger o un filetto di platessa o un filetto di merluzzo. Verdura per lui non ne faccio, non la mangia. Poi gli do la frutta (quella tanta, ora anche il kiwi) o lo yogurt. Sicuramente non ho un menù né fisso né particolarmente vario. Improvviso ogni sera. E funziona così: ore 19.00 il bambino mangia. Poi vuole subito scendere dal seggiolone. Di solito mentre gioco con lui, Fabio cucina per noi (in questo sono fortunata). Ore 20.00 circa mangiamo noi. Lui torna sul seggiolone e viene a tavola e a volte provo a dargli qualcosa del nostro piatto, anche le verdure, ma a parte la carne e le patatine fritte riscuoto poco successo. Se frigna torna a terra, ma è tutto un inseguirlo per casa e poi vuole sempre andare sul balcone. Insomma, cenare è abbastanza stressante ultimamente. 20.30, puntualmente, va a letto. E ultimamente va da solo in camera e dice: “Nanna!!!” Legumi non gliene faccio praticamente mai. Raramente ho fatto uovo semi sodo. Mais mai dato. Secondo me mangia poco e male. Eppure cresce… boh. Sicuramente non sono come voi: non doso niente, non cucino niente, non vario niente… insomma mi avete fatto sentire una merdaccia…
-Sporca molto poco. E’ diventato bravo sia con la forchetta che col cucchiaio. Per mangiare ne tiene una lui e una io e mentre lui è concentrato a prendere il boccone, io lo imbocco a tradimento. Quando non ne vuole più, butta il cibo per terra (questo vizio ancora non riesco a toglierglielo!). Se non riesce con le posate, lo faccio mangiare con le mani. L’importante è che non “giochi” spantegando la pappa sul vassoio
– Cacca ancora nel patello! Ha capito che il cesso non è solo il posto dove pucciare i giochi, bensì il posto dove la mamma fa la pipì (mi segue e mi guarda e dice: “Pipì!”), ma non possiedo un vasino e non ho provato a usarlo
-Sport? Non ne faccio uno seriamente da quando ho smesso di giocare a basket nel 1998. Qualche sabato fa ci eravamo messi in testa di andare in piscina. 30 vasche Fabio (e io tenevo Pietro), 30 io (e lui teneva Pietro). Ma, a parte che Pietro stava a mollo un’ora e mezza, abbiamo già interrotto per motivi organizzativi e non so quando riprenderemo…
Ieri sera questa mail non me la mandava… per cui ve la mando oggi, ma devo troppo farvi una giunta fresca fresca di stamattina!
Io dovevo andare ad un congresso e Fabio ha deciso che, pur di non farlo lasciare al nido dalla nonna per non creargli ulteriori confusioni, era meglio che lo portassi io, anche se presto (avevo il treno alle 8.15). All’ultimo, decide di venire anche lui. Bene, mi dico, così vede l’educatrice e poi finalmente sperimenta lo stress del “terzo grado” e del “distacco” (inteso come distacco del bimbo dalla mamma… e non della mamma dal bimbo). Insomma, arriviamo là alle 7.45. Appena entriamo nell’anticamera, Pietro comincia a piangiottare. Arriva l’educatrice e lui scoppia a piangere e mi viene in braccio. Fabio, impietrito. Io gli cambio i calzini e dico che no, non deve piangere, che adesso va a giocare con i bimbi e che si diverte un mondo. Lo metto giù e lui corre tra le braccia di papà. Il quale lo comincia a baciare ed abbracciare. Ops, penso, l’educatrice non sarà molto d’accordo… alla fine il segreto del distacco sembrava essere quello di apparire rassicuranti, sorridenti: un bacio e via, senza indugi. Alla fine lei lo prende in braccio, me lo avvicina per il bacino e lo porta via. Urlante. Urlante come un’aquila. Urlante come un’aquila disperata. Usciamo e mio marito fa due passi fuori dal cancello e… scoppia a piangere! Io basita. Lui: “Non dovevamo lasciarlo! Lui deve stare con noi!” “Siamo sempre in tempo a ritirarlo dal nido se vediamo che non sta bene” Dico io. E lui: “Ormai è troppo tardi. Ormai l’abbiamo rovinato!” E, giuro, con le lacrime giù a goccioloni, sale in macchina e se ne va. Immaginatevi che sentimenti avevo andando al congresso. Abbiamo fatto bene? Abbiamo fatto male? Davvero non si riusciva più a farlo tenere alle nonne? Non è che invece un bimbo che supera il distacco iniziale poi diventa anche un bimbo più forte? Insomma… non sapevo più che pensare. Ora, alle 14.00 di oggi, mi ha chiamato l’educatrice. Dice che ogni giorno è sempre meglio, che le dispiace che noi abbiamo assistito a quella scena, ma che oggi, dopo cinque minuti gli era già passata. Che ha giocato bene coi bimbi, che ogni tanto andava da lei per una carezza e poi tornava ai giochi (questo lo credo, perché lo fa anche con me da quando è piccolo). Che ha mangiato la frutta a metà mattina (banana). E che ha mangiato TUTTO e DA SOLO a pranzo (pastasciutta con pomodoro, crescenza e –udite udite – FINOCCHI). Dice che ha mangiato col cucchiaio (la forchetta non la danno) e che, dopo un po’ l’ha APPOGGIATO sul tavolo e ha continuato con le mani, ma che in ogni caso non è stato necessario ALCUN AIUTO.
Insomma… che dire… che giornata…!