Il 12 novembre Santiago Gabriele ha compiuto 3 anni. I festeggiamenti sono durati una settimana intera. La sera stessa del giorno del compleanno abbiamo preso una piccola torta e abbiamo brindato noi cinque con champagne mignon. Poi c’è stata la cena con gli amici di famiglia. Infine la festa con i parenti, nonni e zii. In sostanza ha compiuto nove anni…
Non so quante candeline abbia soffiato, quanti dolci abbia ingurgitato e quanti regali abbia ricevuto.
A questo proposito sono stata molto contenta di vedere rinfoltito il suo guardaroba, composto sostanzialmente da capi di vestiario ereditati da amici e parenti. Sono arrivate le scarpine imbottite e gli stivaletti col pelo. La mantellina per la pioggia. Maglie a manica lunga e maglioni. Camicie e pantaloni. Persino un pigiamino.
Come giocattoli invece ecco il monopattino di Spiderman, un tavolino multifunzionale per disegni e giochi con le carte, un altro gioco per imparare a scrivere e disegnare e una cassetta degli attrezzi con tanto di elmetto protettivo.
Io gli ho regalato due libri (uno da parte di mamma e Pietro, l’altro da parte di papà e Leo): quello sui rumori della città by Tony Wolf (sonoro, breve ma divertente) e quello con le storie delle quattro stagioni di Bing (lungo e tutto da leggere).
Sorprendentemente è stato molto contento anche di ricevere i capi di abbigliamento.
Adora vestirsi come vuole lui, ama ricordare ogni volta che indossa qualcosa la persona che gliel’ha regalata. Si specchia e si stima tutto. “Questo di nonna? Questo di Giam? Questo di zio?” La cosa che l’ha completamente sconvolto è stato il costume di Spiderman. Fatto molto bene, imbottito sui pettorali, dotato di cappuccio per salvaguardare l’identità segreta, è stata la sorpresa più emozionante. Non c’è giorno che, tornato da scuola, non voglia indossarlo. Anche perché adesso gioca con i suoi fratelli a “Hulk e Spiderman”. Ovviamente lui lancia ragnatele a destra e a manca mentre Hulk lo insegue per afferrarlo e scagliarlo sul divano. Per quanto facciano un casino inenarrabile è proprio bello vederli finalmente giocare assieme, anche se non sono ancora capaci di fare qualcosa di tranquillo.
Con me invece ha imparato a giocare a memory, anche se fatica ancora ad aspettare il suo turno, soprattutto se indovino una coppia. Oppure giochiamo a Doble, un gioco di carte al quale ho cambiato un pochino le regole per renderlo fruibile anche a lui. Adesso è diventato così bravo che a volte faccio fatica a stargli dietro.
I tre anni di Goguito sono arrivati all’improvviso. Sembra veramente ieri che ero incinta. Sono le solite frasi fatte, lo so. Però sono vere. Invecchiando si impara che spesso i luoghi comuni, che prima ti sembravano ripetuti solo come cliché, per darsi un tono, acquisiscono un malinconico significato di ineluttabilità. Si invecchia. Il tempo vola. Sembra ieri. Etc. E’ proprio così. Ogni tanto mi capita ancora di guardarlo e di chiedermi: “Ma da dove salta fuori lui? Chi è? E soprattutto: eravamo una famiglia di quattro persone da 10 anni, adesso siamo un’altra cosa!”
E ci sono momenti che mi sembra che tutto fosse già previsto così, fin dall’alba dei tempi, e che bisognasse solo che il filo delle nostre vite continuasse a dipanarsi piano piano in questa direzione affinché lui potesse farne parte.
E ci sono altri momenti in cui mi sembra invece che lui sia stato veramente la stellina che è scesa per rompere gli equilibri, scardinare le abitudini, riordinare le nostre priorità, una irruente benedizione, travolgente e sconvolgente, destinata a portarci ancora una volta verso un futuro differente.
Il tempo vola, è proprio così. Mi mancheranno i suoi “Apesta, mamma!”. I suoi “Stoppi!”. La sua espressione tipica di quando si risente perché non gli rispondo subito: “E pecché no parli di me???”. I suoi rimproveri se dico una parolaccia: “No dici casso, mamma!”.
Crescerà e presto tardi non avrà più bisogno di me, del mio supporto, dei miei consigli.
Poi però accadono cose come quella dell’altro giorno. Quando Leonardo, 13 anni appena compiuti, torna a casa da scuola e si chiude in bagno. Lo chiamo, ma lo sento trafficare loscamente. Finalmente mi raggiunge esalando da ogni poro un afrore pungente e non meglio identificato.
“Cos’è questa puzza? Ma… cosa hai mangiato?!?”
“Eh, hai presente che oggi avevo l’esperimento di scienze… e bisognava portare una cipolla…”
“E quindi?”
“E quindi il mio compagno aveva uno scamo… scagno… scano…”
“Scalogno!”
“Sì, esatto, uno scalogno in più… e io ho scommesso 4 euro che sarei riuscito a mangiarlo intero…”
“Ma sei matto? Ma non lo sai che potevi stare male?! Non farlo mai più!.”
“Ce l’avevo quasi fatta, ma poi non ho resistito e ho sputato tutto…”
“…..”
E niente. Per tre giorni ha appestato l’aria di casa e a nulla sono valse lavande, spazzolamenti e sciacqui orali.
E io che pensavo che ad una certa età i figli smettessero di essere sconsideratamente sciocchi.
Ma di che mi preoccupo?!?