Andiamo al ristorante con gli zii. All’aperto. Convinta che, come suo solito, Santiago si sarebbe svagato con i profumi primaverili e che avrebbe chiuso gli occhi dopo il biberon della buonanotte, dopo poco mi devo ricredere. Alle 21.00 in punto, scolati suoi 180 ml di latte, il bimbo sembra non avere alcuna intenzione di dormire. Continua invece a cacciare le sue famose urla diaboliche, tanto che a turno dobbiamo tenerlo in braccio anche durante il nostro pasto.
E dagli il ciuccio.
E dagli il biberon di camomilla.
E fagli fare il giretto.
E cambialo, che ha fatto la cacca.
Niente.
“Ahhhh ahhhh ahhh!” tutto il tempo.
Stremata nell’udito e anche piuttosto infastidita a questo punto, l’unica cosa che mi viene in mente è di offrirgli un pezzo di pizza.
Ok, il pomodoro non si può. Nemmeno la mozzarella. Va beh, un piccolo pezzo di crosta.
Magia: il bimbo si sgranocchia le sue bricioline di pizza (sì, questa volta le porzioni le ho fatte io!) che sembra un adulto. Con i suoi incisivi inferiori da castoro invertito sminuzza il bocconcino e, tutto contento, sorride agli astanti. Evidentemente voleva solo partecipare al banchetto. Alla fine, esausto pure lui, si addormenta.
Che qualcosa però forse lo rendesse un po’ più nervoso dell’abituale, l’abbiamo capito un paio di giorni dopo.
Pietro tiene un concerto con il suo coro presso una chiesa vicino alla nostra vecchia casa. Contatto i vicini per comunicare che avremmo partecipato anche con SG, che non vedono da parecchio. Appena scendiamo dall’auto è tutto un profluvio di complimenti.
“Che bel bambino!” in effetti l’avevo messo lì che pareva una star del cinema “Lo porti dentro? Non dorme ancora?”
“Tranquilli, ho il biberon della buonanotte!” Sfodero il jolly e lo porgo al bimbo, che si mette a ciucciare avidamente. Dopo pochi attimi però, l’inaspettato: conato a vuoto seguito da un litro di vomito con il quale inonda se stesso e il passeggino. Inoltre, a causa della postura supina obbligata, notiamo che si sta soffocando perché non riesce a buttare fuori. Concitatamente lo sleghiamo e lo tiriamo su dritto. Finisce di vomitare a terra e scoppia in un pianto dirotto.
Il concerto inizia e mi ritrovo con un bambino masarato da capo a piedi, carrozzina allagata di vomito, miei capelli che puzzano di succhi gastrici. Che cosa devo fare, mi adatto. Stendo un asciugamano sul passeggino, cambio il bambino, lego i miei capelli ed entro in chiesa ugualmente. Il concerto lo seguo dalla porta di ingresso. Dopo un’ora gli ripropongo il biberon. Finisce di bere e si addormenta. Perfetto, no?
No.
Rientrati a casa, lo lavo bene, lo cambio, lo porto nella sua camera e… blurp! Nuova tornata di vomito a getto per tutto il lettino. Ok, lo traslo nella culla che ancora rifiuto di portare via dalla mia stanza (serve per l’appunto in caso di emergenza), lavo il lettino e mi chiedo come mai il pargolo sia di stomaco così fragile.
Il mattino seguente, sorpresa, fanno capolino due incisivi superiori. Sì, perché evidentemente a lui piace mettere i denti a coppie.
E cosa dire? Vale la regola che ogni volta che traggo una qualche conclusione su questo blog, mi devo ricredere. Qualche tempo fa avevo asserito (e non senza un certo grado di auto compiacimento) che i dentini non causano disturbi nei bambini, come invece tanti anni fa pensavo. Niente niente febbre, niente cacca acida, niente culo da babbuino. E, come sempre quando penso di aver detto tutto su un argomento, faccio atto di umiltà e ritorno sui miei passi: è incontestabile il fatto che SG sia stato più nervoso del solito, più scimmia urlatrice per intenderci. E che abbia avuto qualche disturbino di stomaco mi sembra lapalissiano.
Ergo, chiedo scusa. Confermo, anche se i pediatri di tutto il mondo negheranno, che mettere i dentini porta fastidi.
Coraggio, ne mancano solo sedici.