Ho allattato quasi ovunque. A letto, sul divano, in poltrona, al ristorante, in chiesa, ai margini di un campo da calcio, camminando, mangiando, tra una partita di tennis e l’altra, in gita all’acquario, al minigolf, in spiaggia, in funivia, in una macchina in corsa (è successo una sola volta, lo giuro. Non lo farò più. E comunque non guidavo io…).
Alla fine allatti dappertutto. E in ogni modo. Alla fine si attacca anche se stai a testa in giù. Se lo tieni con una mano sola. Se con l’altra stai cucinando. Alla fine sembra tutto così semplice.
Infatti il difficile è l’inizio. Con ogni figlio. Almeno per me è stato così.
Mi ritrovo a dare consigli sull’allattamento quando anche io ho avuto qualche difficoltà. Ma forse è giusto così, perché posso condividere con voi vere esperienze di vita vissuta, problemi e loro risoluzioni.
Il primo consiglio in assoluto, soprattutto con il primo figlio, è una regola aurea, da tatuarsi su un braccio (o un seno, che forse è meglio): chiedete aiuto all’ostetrica fin da subito.
Non abbiate timore o vergogna, è il suo mestiere, è lì per questo. Perché sbagliare ad attaccare il bambino il primo giorno può ripercuotersi su tutto l’andamento dell’allattamento. Se il neonato si attacca male, se non prende bene in bocca il capezzolo, se non estroflette bene le labbra sopra e sotto, se non fate nulla per correggere la sua suzione, beh, inizieranno i dolori. Non che allattare non sia mai doloroso. Anzi agli inizi può esserlo anche se il bambino si attacca bene: i capezzoli non sono abituati a questo strapazzo continuo, i seni sono in fase di iperattività e la montata lattea può diventare dolorosa se le tette non vengono correttamente svuotate. Per questo bisogna fare le cose per bene.
Già dai primi giorni in degenza, per favorire la montata lattea, vi dicono di tenere il neonato attaccato il più possibile. E’ dura. Io l’ho sempre fatto, ma è veramente dura. Lui ciuccia ciuccia e ciuccia e non viene fuori nulla se non poco colostro e tu sei esausta ma rimani lì a farti risucchiare e ti domandi come faccia a non crollare sfinito dopo tutte quelle ore (ma non gli fa male la mandibola?). Per questo è fondamentale farsi spiegare anche le diverse posizioni con le quali si può allattare, partendo da quelle più semplici, ma senza trascurare anche quelle più comode, tra cui quella a letto. Proprio nei primi giorni, questa posizione garantisce, almeno di notte, la possibilità di chiudere gli occhi per qualche mezz’ora e, diciamolo, è anche molto bello addormentarsi con il bimbo che ciuccetta.
Un consiglio spassionato però ve lo voglio dare, anche se so che qualcuno storcerà il naso: comprate un ciuccio e portatevelo in ospedale. Sì, lo so, il ciuccio, non si dà, non va bene, poi si abitua e bla bla bla. Balle. Il ciuccio vi salva la vita. Io l’ho portato di nascosto perché pensavo sarei stata sgridata (mi avevano detto di non usarlo). Ma, a parte che ho visto le ostetriche stesse distribuire ciucci in base allo stato di necessità, alla fine non si tratta d’altro che di rispetto per se stesse e per gli altri. Quando il neonato sta attaccato giorno e notte e tu devi fare pipì. E appena lo stacchi urla. E sveglia il figlio della vicina di letto, che appena due minuti prima era crollato. Quando devi alzarti per bere e ti fanno male i punti e non riesci a camminare col bambino attaccato. Quando semplicemente vuoi lasciare che il tuo capezzolo, ormai livido e urente, respiri. Il ciuccio ti salva la vita. Compratelo di caucciù o silicone, che non dia fastidio, sia tutto morbido. Metteteglielo in bocca e prendetevi i vostri due minuti di pausa. Che per questo non è mai morto nessuno. E soprattutto, bando alle ipocrisie: dopo tre giorni a casa, il ciuccio glielo avreste comprato comunque.
L’allattamento al seno, soprattutto agli inizi, richiede pazienza. Tanta. Dedicategli la giusta attenzione. Cioè la vostra totale attenzione. Ritagliatevi un angolo tutto vostro dove allattare. Scegliete la posizione più comoda. Ottima sarebbe una poltrona con i braccioli. Oppure aiutatevi con i cuscini per l’allattamento, utilissimi anche nelle fasi finali della gravidanza per riuscire a dormire meglio in posizione laterale. A seconda di come li disponete, acciambellati attorno alla vostra vita, vi permetteranno di rimanere comode e di variare la posizione di suzione. Io alternavo sempre la cosiddetta posizione “culla”, diciamo quella classica con il bambino adagiato orizzontale con orecchio, spalla e anca omolaterali allineati, alla posizione “rugby”, quella nella quale il bambino per esempio attaccato al seno destro, scivola poi con il corpo sotto la tua ascella destra e si trova di fatto a fare le veci di una palla da rugby. Impossibile realizzare questa posizione senza un cuscino allattamento. Altro ausilio che purtroppo ho scoperto tardivamente è il rialzo per i piedi. Va benissimo un gradino Ikea o simili, di quelli sui quali salgono i bimbi bassi quando non arrivano al lavandino per lavarsi i denti. Allattare con le ginocchia lievemente rialzate è di una comodità disarmante. Non lo immagini nemmeno se non l’hai provato.
Cambiare le posizioni di allattamento è fondamentale soprattutto ai primi tempi, per scongiurare ingorghi e mastiti. Alla prima avvisaglia torno a ricordarvi la regola aurea: fatevi aiutare. Per quanto riguarda gli ingorghi è importante imparare a massaggiare il seno, magari dopo aver fatto una bella doccia indirizzando il getto caldo sul nodulo palpabile, in modo da aiutare a sciogliere il tappo. Non usate il tiralatte, che potrebbe stimolare ulteriormente la produzione e peggiorare il quadro. Imparate a spremere, fatevelo spiegare da una ostetrica, chiamate il consultorio o addirittura l’ospedale: ogni reparto di maternità che si rispetti deve dare disponibilità a venirvi in soccorso al momento del bisogno.
Altro consiglio che per esempio ho reperito dalle ostetriche: in caso di infiammazione al seno applicate foglie di verza o un impacco di ricotta disposti in due strati separati da una pezzuola di lino. Io non l’ho mai fatto, ma potrebbe funzionare, anche se lo vedo piuttosto laborioso.
Col terzo figlio ho patito le ragadi al seno e, ogni volta che il bimbo si attaccava, sentivo un pizzico terribile che mi faceva contrarre tutti i muscoli del corpo. L’allattamento era veramente fastidioso, doloroso, invalidante. In questi casi farsi sopraffare dallo sconforto è facile. Io non sono una che si arrende facilmente, ma posso capire chi, di fronte a ragadi sanguinanti come le mie, abbia deciso di mollare l’allattamento. Un vero peccato. Stringere i denti, sì, ma anche curarsi e, come al solito, farsi aiutare. Le ostetriche mi hanno consigliato Vea Bua Spray da spruzzare sui capezzoli. Il vantaggio è che, in quanto commestibile, è senza risciacquo. Lo svantaggio è che mi ha chiazzato tutti i reggiseni e i vestiti perché di base è una sostanza oleosa. Di fatto però, secondo me, ciò che ha causato un netto miglioramento al quadro fino alla sua completa risoluzione è stato l’utilizzo dei paracapezzoli d’argento. La spesa non è proprio piccola (attorno ai 40 euro), d’altra parte stiamo parlando di argento. Ma se applicati in maniera corretta, lievemente inumiditi con una goccia di latte e lasciati in sede tra una poppata e l’altra, aiutano enormemente il processo di riparazione.
Altro suggerimento per ridurre il rischio di ingorghi mammari o problemi ai capezzoli: usate un intimo comodo. Personalmente non sopporto i reggiseni di notte, a prescindere dal fatto che io allatti o meno. Ma quando sgoccioli ovunque che sembri una mucca incontinente, se non metti il reggiseno con le coppette assorbilatte durante la notte, rischi di svegliarti in un vero e proprio letto di latte. I “reggiseni da allattamento” secondo me lasciano il tempo che trovano: solitamente sono dotati di gancetto da staccare al momento della poppata, in modo da ribaltare il tessuto verso il basso e liberare la tetta. In pratica a me è capitato che la parte “fissa”, quella che circonda la base del seno per intenderci, strozzasse il seno e gli impedisse di svuotarsi completamente. Avrò sbagliato io misura. O forse durante i primi giorni il seno è così gonfio e cambia così tanto anche tra una poppata e l’altra che avere un supporto fisso non è la cosa ideale. In sostanza io credo sia meglio al momento della poppata liberare il seno completamente, tirando fuori la tetta completamente dal reggiseno. E per questo mi trovo benissimo con i reggiseni elastici senza ganci, senza ferri, senza nulla della Pompea. Sollevi la maglia, abbassi il reggiseno et voilà.
Infine: come gestire il compagno? Conosco donne che mi dicono che il marito è stato un prezioso aiuto per l’allattamento. Siccome non credo che il marito abbia allattato al posto loro e men che meno mi immagino il marito che prende il seno della moglie e lo indirizza nel modo corretto nella bocca del neonato mentre lo aiuta ad estroflettere bene le labbra in modo che si attacchi bene (ma tutto è possibile!), deduco che il marito possa essere stato per loro un valido ausilio in termini di supporto emotivo.
Torna qui in auge la cara vecchia regola aurea: fatevi aiutare. Se la vicinanza di vostro marito vi conforta, chiedetegli di starvi vicino. Se vi fa piacere che vi guardi mentre allattate, chiedetegli di fermarsi con voi. Se vi rendete conto di aver dimenticato il poggiapiedi, il cuscino o un asciugamano mentre già state allattando, chiedetegli di passarveli in modo da non dovervi interrompere.
Attenzione però: vale anche il caso opposto. So di non essere popolare. Ma se vostro marito vi disturba, cacciatelo. Se non è in grado di capire che in quel momento dovete essere allo stesso tempo rilassate e concentrate e che quindi non è il caso di ascoltare heavy metal durante la poppata, spiegateglielo e poi cacciatelo. Se di notte avete bisogno del vostro spazio nel letto, tra cuscino allattamento, poltrona allattamento, cuscini per la schiena, poggiapiedi, asciugamani, coppette assorbilatte, cacciatelo. Per qualche notte dormirà in un’altra stanza, non succederà nulla, voi prenderete il ritmo e lo richiamerete in stanza quando sarete più confidenti. Anche perché, se siete come me, vi dà fastidio pensare di dare fastidio. E quindi non accendete la luce, cercate di non fare rumore, cominciate a sudare copiosamente se il bambino piange. Perché non volete disturbare il marito. Ma che diamine: siamo noi che stiamo lavorando! Quindi? Cacciatelo. Quando tornerà vi ringrazierà per avergli concesso tutte quelle ore di sonno e, nel frattempo, scoprirà che siete diventate bravissime ad allattare.