31 dicembre 2024

Un lutto, anche se in parte atteso, fa riflettere su Dio e su di noi.

La morte, il giorno dopo Natale, non è qualcosa cui siamo abituati e rende l’atmosfera surreale.

Ci siamo tutti, siamo in ferie. Ci sono i nonni, ci sono i nipoti. Ci sono gli avanzi del pranzo del giorno prima ancora sulla tavola. Ci sono i regali appena scartati, pronti per essere goduti. Ci sono le decorazioni. C’è il presepe.

Si svolgono le dovute incombenze per il funerale. Ma la vita va avanti, dice mio marito. Stiamo insieme, più di quanto abbiamo abitualmente fatto negli ultimi mesi. Parliamo. Di quello che è, quel che è stato, quel che sarà. Si parla della morte, del significato di questa vita. Dei dubbi, delle speranze, della Fede. Dov’è la zia? Cosa vogliamo fare della nostra esistenza? Come vogliamo vivere i nostri prossimi anni?

E mi trovo a pronunciare una frase forte: dovrebbero esserci più lutti, che ci ricordassero da dove veniamo e dove andiamo, che ci facessero apprezzare l’amore dei nostri cari, spesso dato per scontato, spesso sminuito, spesso disatteso. Lutti che ci facciano fermare per qualche giorno a riflettere sulla nostra quotidianità, il lavoro, le sovrastrutture, lo stress, le cose che fino a un minuto prima ci sembrano priorità assolute e un minuto dopo diventano note a piè di pagina. Lutti che ci facciano prendere decisioni. Lutti che uniscano. 

Siamo andati a fare preparazione atletica insieme, Fabio ed io. Abbiamo giocato due volte il doppio di tennis con i nostri figli. Abbiamo pranzato con i nonni. Abbiamo visto un film coi ragazzi. Abbiamo fatto l’amore. 

Che Dio guidi le nostre vite.

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