31 gennaio 2025

Il terzo Natale di Santiago è volato in un soffio. Al mattino mi sono persa l’attimo in cui ha svoltato l’angolo per entrare in sala e quindi il momento della scoperta dei doni sotto l’albero: per una volta ero ancora a letto e mio marito è andato a svegliarlo. Ovviamente solo il giorno di Natale poteva stare ancora dormendo alle 8.00! Come sempre l’emozione è stata tanta, sua e nostra. Come sempre gran casino, Frank Sinatra che canta brani natalizi e carte dappertutto. “Quetto è mio, mamma???” Un gran disordine ovunque. La colazione in piedi, la corsa per andare a messa. Al ritorno, la cernita dei giochi in scatola da portare al pranzo con i parenti e poi tutti fuori casa di nuovo.

Come negli ultimi anni abbiamo affittato una sala multifunzionale perché le famiglie si sono allargate parecchio e a casa non ci si sta più. Ciascuno porta qualcosa, si mangia, si beve e si gioca. Confesso che con il passare del tempo, sarò invecchiata io, non è più la stessa cosa. Le ore passano rapide, il tempo di finire il panettone e già è ora di tornare a casa. Sono le 18.00 ma mi sembra passato così poco! Quando ero giovane questi pranzi parevano eterni: giocavamo agli indovinelli, cantavamo canzoni, facevamo imitazioni. Ora mi sembra tutto finto, il simulacro di quel che fu. Ma poi guardo i ragazzi con i cugini grandi, Santiago e il cuginetto più piccolo di lui e mi accorgo che fa parte del gioco della vita: loro tornano a casa entusiasti, gratificati e sereni. E questo è quello che conta. 

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31 dicembre 2024

Un lutto, anche se in parte atteso, fa riflettere su Dio e su di noi.

La morte, il giorno dopo Natale, non è qualcosa cui siamo abituati e rende l’atmosfera surreale.

Ci siamo tutti, siamo in ferie. Ci sono i nonni, ci sono i nipoti. Ci sono gli avanzi del pranzo del giorno prima ancora sulla tavola. Ci sono i regali appena scartati, pronti per essere goduti. Ci sono le decorazioni. C’è il presepe.

Si svolgono le dovute incombenze per il funerale. Ma la vita va avanti, dice mio marito. Stiamo insieme, più di quanto abbiamo abitualmente fatto negli ultimi mesi. Parliamo. Di quello che è, quel che è stato, quel che sarà. Si parla della morte, del significato di questa vita. Dei dubbi, delle speranze, della Fede. Dov’è la zia? Cosa vogliamo fare della nostra esistenza? Come vogliamo vivere i nostri prossimi anni?

E mi trovo a pronunciare una frase forte: dovrebbero esserci più lutti, che ci ricordassero da dove veniamo e dove andiamo, che ci facessero apprezzare l’amore dei nostri cari, spesso dato per scontato, spesso sminuito, spesso disatteso. Lutti che ci facciano fermare per qualche giorno a riflettere sulla nostra quotidianità, il lavoro, le sovrastrutture, lo stress, le cose che fino a un minuto prima ci sembrano priorità assolute e un minuto dopo diventano note a piè di pagina. Lutti che ci facciano prendere decisioni. Lutti che uniscano. 

Siamo andati a fare preparazione atletica insieme, Fabio ed io. Abbiamo giocato due volte il doppio di tennis con i nostri figli. Abbiamo pranzato con i nonni. Abbiamo visto un film coi ragazzi. Abbiamo fatto l’amore. 

Che Dio guidi le nostre vite.