Sabato lavorativo: mi tocca il turno di dodici ore e poi domenica farò la notte. La mattina è stata piuttosto indolore, anche se concitata. Nè morti nè feriti, ma il solito ritmo indefesso, la corsa contro il tempo per finire il giro visite in reparto, senza mangiare, bere o fare pipì. Anche perché alle 13.30 si deve scappare in dialisi, situata 500 m più in là, a dare il cambio al collega che fa un turno complementare. Sono riuscita a prendere un tramezzino al Discount interno, una Fanta, dei biscotti, generi di conforto. Prendo consegne, saluto e mi siedo alla scrivania, divorando il mio pasto il più velocemente possibile, sperando di non essere interrotta. Giro visite in dialisi, qualche problema da risolvere, ma anche qua, per fortuna, oggi sembra tutto quieto. Recupero delle cartelle cliniche sulle quali lavorare. Esami da controllare, pazienti da convocare, mail alle quali rispondere. Tutto sommato, si sta rivelando una giornata piacevole. Qualche volta arrivano messaggi sulla chat familiare: oggi c’è l’ultimo torneo dell’anno, in casa. Fabio è andato a vedere Leo. Con lui ci sono anche lo zio e il nonno. Mi mandano foto, qualche video. Un goal mancato, una rovesciata. Mi spiace non essere là con loro.
Dopo un paio d’ore, inaspettatamente, mi suona il telefono. All’altro capo c’è il team manager della squadra di calcio di Leo. Avranno vinto. Mi vorrà chiedere se, come al solito in queste circostanze, Leo possa andare insieme alla squadra a mangiare un gelato. Probabilmente Fabio è andato a casa e hanno bisogno del mio permesso.